Sabato, Luglio 20th/ 2013
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Martedì, Ottobre 2nd/ 2012
– di Mario Luongo –
Italia / Costi politica / Paradosso / Italia in Crisi / Disinformata ma ben armata / Sprechi statali / Tavola della Pace / Guerra Afghanistan / Diritti umani / Rai / Sedi estere Rai / Flavio Liotti / Dipartimento Politiche Globali Cgil / F- 35 / Spending review / Campagna "Taglia le ali alle armi" / Ministero della Difesa / Giampaolo Di Paola / Famiglia Cristiana / Debito pubblico / Industria bellica / Giorgio La Pira
Il Paradosso dell'Italia in Crisi: Disinformata
ma ben Armata
Solol'1% degli Italiani sa che l'Italia è in guerra
in Congo!
Rompiamo questa insensata e vergognosa spirale!
Rompiamo il silenzio mediatico sulla Guerra e sulle
cosiddette "Missioni di Pace"
Parliamone! Impariamo da Giorgio La Pira e da
Canadesi e Norvegesi
Roma – L’Italia è un Paese in cui gli sprechi avvengono con una disinvoltura ed una periodicità spaventosa. Sono sprechi di ogni tipo, di ogni colore politico, di ogni ordine statale, di ogni apparato territoriale, della società "civile" stessa. Ultimo in ordine di tempo è il caso già discusso dei costi, o meglio, degli sprechi esorbitanti della politica a livello regionale assurto a fama internazionale grazie all’irritante condotta del consiglio regionale Lazio e incarnato a dovere dalla grossa figura di Francesco Fiorito. Ma gli sprechi non finiscono qua. Anche a livello nazionale si fa quel che si può per affossare il debito pubblico ulteriormente ed imporre contestualmente nuove tasse, chiedendo ai cittadini di compiere sacrifici in nome di una ripresa futura che non ci sarà. Il problema è che la parola spreco, mai come in questi casi, si rivela così calzante, nonché perfettamente descrittiva di spese inutili effettuate in settori estranei dalle esigenze che la società richiede in questo momento. Uno su tutti la cosiddetta "Difesa". O meglio l'attacco! Ebbene si, il 40% circa del budget statale anziché essere indirizzato al welfare o all'occupazione viene dirottato sugli armamenti, e sulla politica belligerante dei Ministeri della Difesa e degli Esteri.
Una indecorosa corsa agli Armamenti, nel Silenzio dei Media
Il Ministro della Difesa del nostro governo tecnico, come pochi sanno, è l’ammiraglio Giampaolo Di Paola, una persona esperta di questioni militari, armamenti, ma probabilmente priva di acume politico e di sensibilità alle questioni sociali o forse semplicemente miope nei confronti della crisi, visto che si oppone ai tagli previsti verso il proprio bilancio cercando anzi di ottenere dal Parlamento l’autorizzazione per gestire ed organizzare autonomamente la spesa militare nel prossimo decennio, “continuando così la più anacronistica delle corse agli armamenti”, come afferma amaramente Flavio Liotti, coordinatore nazionale della Tavola della Pace.
La Guerra in Congo, l'ultima vergogna italiana celata
In un momento in cui agli Italiani si richiede di “tirare la cinghia” appare quantomeno ipocrita e insensata la scelta di investire ingenti capitali pubblici in armamenti; nel mantenimento delle truppe nazionali nel pantano meschino dei conflitti – e delle cosiddette "missioni di pace" – ed in zone e teatri che spesso gli stessi Italiani ignorano, come nel caso del Congo: guerra di cui soltanto l’1% dei cittadini è al corrente.
Il Nobile esempio del grande Giorgio La Pira
Ma a ben vedere, come insegna il grande ed eterno "Giorgio la Pira" (l'indimenticato "sindaco santo" di Firenze durante gli Anni'60, nonché padre costituente) la guerra è sempre una sconfitta per l'uomo; essa è sempre una vergogna, e in ogni circostanza. Un'offesa all'intelligenza umana, al prossimo e a Dio. "Bisognerebbe bombardare i popoli con bombe di riso", usava ripetere con frequenza ai suoi interlocutori di ogni latitudine e longitudine, La Pira. Egli stesso si prodigò in dozzine di cause internazionali per promuovere la Pace e giungere alla soluzione pacifica delle controversie belliche: vedi Guerra in Viatnam o conflitto Franco-Algerino. Teatri nei quali Giorgio La Pira riuscì ad essere determinante. Un modello per centinaia di diplomatici e capi di stato e di governo. Un gigante della Pace e del "Dialogo Interculturale". Un "santo politico" ed un "politico santo".
La Sconvenienza della Guerra
Quello bellico non è mai un settore conveniente! Se non per le industrie del settore, ovviamente. Ma comunque – eufemisticamente – non si può opporre la motivazione che molte fabbriche rischiano di chiudere e che i lavoratori in esse impiegati possono perdere il lavoro alla richiesta di operare tagli anche in questo ambito. E' ovvio! La ghigliottina della "Spending Review" ha toccato la sanità, l’istruzione, le pensioni, la cultura, il cittadino stesso, solo marginalmente i costi della politica, ma non ancora quelli della difesa. Anzi! Campi in cui onestamente si potrebbe rinunciare a buona parte del bilancio. Campi sconvenienti, dunque, sia economicamente parlando che a livello etico e morale. Che è la cosa che forse più conta!
Il Washington Consensus
Se la cultura e l’istruzione, come la ricerca e la sanità sono settori che guardano al futuro, al miglioramento, alla costruzione di basi solide per il rilancio di un Paese, d’altro canto il rimborso per cene elettorali; per auto blu; per feste in maschera e soprattutto per guerre (delle quali tra l'altro nessun elettore conosce il motivo e la necessità) ed investimenti in potenti caccia ed altri incentivi alle industrie belliche, non hanno senso di esistere. Mai! E specialmente ora, in un contesto di difficoltà economica senza precedenti nella storia del nostro Paese e dell'Europa intera. La crescita di un Paese – economica e morale – non avviene se si continua a seguire il “Washington Consensus”, ma se la società civile può finalmente colmare quella distanza dalla politica, che la dovrebbe rappresentare. La maggioranza degli Italiani non solo non condivide l’entrata in guerra in Afghanistan, (come del resto negli altri teatri di gerra) ma, come detto, ne ignora i costi, le ragioni, le dinamiche, se non proprio l’esistenza stessa. E quindi in nome di chi o cosa si combatte? Di un popolo inconsapevole di quello che gli accade intorno? Di uno Stato che deve mostrare i muscoli all’estero per farsi rispettare? O degli interessi privati di lobby del cemento, della morte o dell'eneregia?
L'ignobile caso degli F-35
“In tempi di crisi non ci sono zone franche. O terreni minati dove evitare di mettere piede. Se si guarda fino al centesimo per le spese correnti, si aprano gli occhi sui miliardi di euro per riempire gli arsenali. Se siamo sull’orlo del baratro, perché sperperare i soldi per comprare armi?”. Un appello, questo di Famiglia Cristiana, (che ci sentiamo in dovere di amplificare dalle colonne del nostro Osservatorio) che non è da semplice organo di stampa pacifista d'ispirazione cattolica, ma soprattutto da membro attivo e partecipe di una società che tenta di essere civile; un appello simile a quello di un cittadino responsabile, consapevole, informato sullo sperpero che si fa dei fondi pubblici per creare morte. In tal senso – ad esempio –va dunque letta la spesa pubblica impegnata dal governo Monti e protesa a favorire la costruzione dei famigerati F-35 Joint Fight Striker: potenti quanti "inutili" caccia bombardieri made in USA che costano cifre astronomiche.
La miopia degli italiani e l'esempio dei Canadesi e dei Norvegesi
Talmente astronomiche da pensare che siano la soluzione a tutti i problemi del mondo, evidentemente. Ma non è così! Tant’è vero che già in Canada e in Norvegia sono sorte veementi polemiche pubbliche su questo tema, mentre paesi più assennati del nostro come l’Olanda hanno votato una risoluzione per uscire dal programma di acquisto degli F-35. Invece in Italia "le riduzioni per la Difesa e per l'acquisto di armamenti si limitano a poche decine di milioni, e definiscono una diminuzione degli effettivi delle Forze Armate che si realizzerà solo dopo diversi anni”. E, addirittura, un’ipotesi ventilata sul taglio di circa 100 milioni l’anno alla voce “spesa per armamenti” è stata rigettata in extremis.
Diventiamo costruttori di Pace
Ulteriore danno è costituito dall’assenza di queste notizie dall’agenda dei media italiani, sia per quanto riguarda le discutibili scelte dell’esecutivo in questi ambiti, sia per le dinamiche dei conflitti nei quali siamo impegnati, nostro malgrado. L’assenza di molte di queste notizie dalla dieta mediale degli Italiani è preoccupante: indice di assenza totale di democrazia! Indice di dittatura reale e mediatica! D’altronde se le sedi Rai in molte zone calde del pianeta come Nuova Delhi e Il Cairo chiudono o rischiano di chiudere – guardacaso – per mancanza di fondi, la prima vittima continuerà ad essere l’informazione, quella di qualità, e di riflesso il cittadino stesso. Dunque, quanto a noi, nell'impellente e probabile coinvolgimento dell'Italia in altri sanguinosi conflitti in Medioriente, e dietro i diktat dei nostri padroncini statunitensi (padroni arroganti e guerrafondai) non ci resta che gridare il nostro dissenso: "non stiamo a guardare, cari amici! Facciamoci portatori viventi della cultura della Pace!" Gridiamolo con forza ed incessantemente sul web, nelle nosrte parrocchie, nei nostri luoghi di lavoro e nel nostro quotidiamo.
Mario Luongo (Copyright © 2012 Qui Europa)
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