Mercoledì, Marzo 30th/ 2016
Riflessioni fuori dal coro sui cosiddetti “diritti civili” – Seconda Parte
Venerdì, Febbraio 5th, 2016
– di Federico Michielan –
Redazione Qui Europa, Federico Michielan, Dittatura del relativismo, ddl Cirinnà, matrimonio, non è un diritto, omosessuali, principali obiezioni, omofobi, seconda obiezione, il matrimonio è una cosa che ha senso solo tra un uomo e una donna, maternità surrogata, adozione semplice, adottare, discriminazione basata non sulla natura dell’istituto, sesso dei coniugi, Luciano Mola, Avvenire, regolamento anagrafico del 30 maggio 1989, legge n.91 del 1 aprile 1999, opportunità terapeutiche, convivente more uxorio, legge n.8 del 2000, legge 405 del 1975, assistenza psicologica e sociale, ordinamento penitenziario, legge 354 del 1975, legge 6 del 2004, sentenza 404 del 1988, contratto di locazione in caso di morte del partner, legge 302 del 1990, legge 44 del 1999, adozioni, reversibilità della pensione, successioni, difesa dei più deboli
Riflessioni fuori dal coro sui cosiddetti "diritti civili"
– Seconda Parte
L'infondatezza manifesta delle obiezioni più frequenti mosse
dal partito del "matrimonio gay"
Un lunghissimo elenco di diritti già riconosciuti ai conviventi.
Ecco perché non ha senso è utilità il "matrimonio gay"
di Federico Michielan
Il matrimonio è uno status, non è un diritto
Roma – (continua da qui Riflessioni fuori dal coro sui cosiddetti “diritti civili” – Prima Parte) Il matrimonio, quindi, non è un diritto. E’ un istituto, presente pressoché da sempre nella storia, che ha le sue ragioni e le sue caratteristiche. Non ci sono motivi seri per estenderlo oltre l’ambito suo naturale. Due omosessuali possono benissimo amarsi anche senza fare una cerimonia dinanzi al sindaco. Non c’è un soggetto debole da tutelare. Non ci sono figli, perché la natura non può fargliene avere. A me pare, francamente, una pretesa pretestuosa. Anzi, ne sono sicuro, dato che all’estero gli omosessuali che si sposano sono una percentuale infinitesimale. Ma sono particolarmente chiassosi, quindi va data una risposta. Questo è quello che penso io, e ovviamente non è la verità assoluta. Però ora, di seguito, cercherò di prendere in considerazione le principali obiezioni che ritengo possano essere fatte al mio discorso, in ordine sparso.
Eventuali obiezioni in… "ordine sparso"
“Voi che non volete i matrimoni gay impedite loro di amare” (prima obiezione): come detto sopra, ci si può amare benissimo anche al di fuori del matrimonio. Ci sono pure tantissime coppie che lo fanno, di qualsiasi orientamento! Ho sentito dire che “impediamo loro di vivere il sogno di vestire l’abito bianco”… Se è per quello, basta comprarlo e farsi qualche foto, mettendo in scena una farsa, come farsa sarebbe un matrimonio, pur previsto dalla legge ma senza quei fondamenti che naturalmente lo giustificano. “Voi che non volete i matrimoni gay siete omofobi” (seconda obiezione). Premesso che l’accusa di “omofobia” è talmente inflazionata da diventare ridicola, tanto da sminuire quei casi in cui veramente la violenza viene riversata su chi è omosessuale, cosa che fa indignare qualsiasi persona di buonsenso, io, quest’accusa, la rigetto con fermezza. Qui sopra non avete letto nessun attacco agli omosessuali in quanto tali. Nessuna forma di violenza verbale, nessuna offesa, nessuna condanna. Nessuno qui considera gli omosessuali come dei “minus habens”. Semplicemente il matrimonio è una cosa che ha senso solo tra un uomo e una donna!
L'infondatezza manifesta delle obiezioni più frequenti
“Voi che non volete i matrimoni gay siete razzisti” (terza obiezione). Idem come sopra, non tiriamo in ballo parole a caso. Tra l’altro l’omosessuale non appartiene a una “razza” diversa dalla mia, quindi…“Voi che non volete i matrimoni gay volete tornare al Medioevo” (quarta obiezione). Veramente fino agli anni ’80-’90 del Novecento nessuno parlava di matrimoni gay. Non sapevo che il Medioevo fosse finito appena trent’anni fa! “Voi che non volete i matrimoni gay siete cattobigotti” (quinta obiezione). In realtà sopra non ho mai nominato il Vangelo né il Codice di Diritto Canonico. L’ho fatto apposta per far capire che si può essere contrari “laicamente” al matrimonio gay! E che il matrimonio, così com’è, non è un’invenzione cristiana! “Voi che non volete i matrimoni gay impedite un diritto, quello di sposarsi” (sesta obiezione). Non è vero che un omosessuale non si può sposare. Basta che lo faccia con una persona di sesso opposto! Non è sarcasmo il mio, è in realtà il centro del discorso: il matrimonio non è un diritto, è uno status, un istituto con una sua struttura e a cui si accede con determinati requisiti e per determinate finalità. Non esiste il diritto a sposarsi! “Voi che non volete i matrimoni gay impedite ai gay di avere figli” (settima obiezione). Discorso ampio e delicato, che in parte esula dal discorso: come fa una coppia omosessuale ad avere figli?
Come fa una coppia omosessuale ad avere figli?
Caso A: una coppia di lesbiche: una si fa “naturalmente” ingravidare da un uomo che poi rinuncia a qualsiasi rivendicazione di paternità sul figlio, come fosse un’inseminazione artificiale. Caso B: inseminazione artificiale da donatore anonimo, sempre per una coppia di lesbiche. Caso C: coppia di uomini acquista un figlio da maternità surrogata. Caso D: adozione semplice, come fosse una coppia etero. Piaccia o no, anche i bambini hanno dei diritti. Innanzitutto, il diritto a crescere con una madre o un padre, cosa che viene negata in tutti e quattro i casi, per volontà dei “genitori” stessi. Secondo, il diritto a vivere con chi li ha generati, cosa parzialmente negata nei casi A e B, totalmente nel caso C, non nel D perché significa che il bambino è orfano o proviene da una famiglia che non riesce ad accudirlo. Nel caso C, poi, il bambino è trattato alla stregua di un oggetto, una cosa aberrante comunque la si pensi, per il solo capriccio di chi lo acquista,e imposizione dello Stato. Il Caso D, poi, è inverosimile si verifichi: troppe sono le coppie eterosessuali che ancora aspettano di adottare. Tra l’altro, prima di essere ritenute idonee all’adozione, queste devono rispondere a determinati requisiti, superare verifiche da parte della Commissione e dei servizi sociali… Mi sembrerebbe curioso che, stante tutto il rigore con cui queste avvengono, si decida di aprire l’adozione a due uomini…
L'amore non basta per crescere un bambino
No, l’amore non basta per crescere un bambino! “Allora io sono a favore dei matrimoni gay ma non alle adozioni” (ottava obiezione). Una volta affermata l’esistenza del “matrimonio gay”, sarebbe poi inevitabile l’introduzione delle adozioni. Infatti, l’Ordinamento non ammetterebbe una discriminazione basata non sulla natura dell’istituto, ma sul sesso dei coniugi. Anche solo attraverso sentenze, si arriverebbe all’adozione. “Allora io non sono favorevole ai matrimoni, ma le unioni civili vanno disciplinate” (nona obiezione). Per quale motivo? “Perché alcuni diritti non sono riconosciuti ai semplici conviventi…” (decima obiezione). Beh, in linea di massima non è vero, e per questo mi faccio aiutare da un articolo di Luciano Mola apparso su Avvenire, di seguito riportato.
Un lunghissimo elenco di diritti già riconosciuti ai conviventi
“ANAGRAFE – Il regolamento anagrafico (30 maggio 1989), spiega in modo inoppugnabile che «l’anagrafe è costituita da schede individuali, di famiglia e di convivenza». Non l’hanno mai letta i sindaci che in questi anni si sono affannati ad annunciare inutili 'registri delle unioni civili'? ASSISTENZA SANITARIA – La legge n.91 del 1 aprile 1999 prescrive che i medici devono fornire «informazioni sulle opportunità terapeutiche… al coniuge non separato o al convivente more uxorio». PERMESSO RETRIBUITO – La legge n.8 del 2000 'Disposizioni per il sostegno della maternità e paternità', riconosce il permesso retribuito di tre giorni all’anno al lavoratore e alla lavoratrice, anche in caso di documentata grave infermità del convivente. CONSULTORI FAMILIARI – La legge 405 del 1975 garantisce assistenza psicologica e sociale per i problemi della coppia e della famiglia anche ai componenti di una convivenza. ASSISTENZA AI DETENUTI – Le norme sull’ordinamento penitenziario (legge 354 del 1975), prevedono possibilità di colloqui, corrispondenza telefonica al «convivente detenuto», alle stesse condizioni stabilite per il coniuge. FIGLI – Nessuna differenza sul piano legislativo tra genitori regolarmente sposati e conviventi. Addirittura la legge 6 del 2004, nell’elencare chi dev’essere preferito come amministratore di sostegno di una persona priva di autonomia, inserisce «la persona stabilmente convivente», subito dopo il coniuge e prima del padre, della madre, dei figli, dei fratelli. Difficile davvero affermare che i conviventi sono marginalizzati dal nostro ordinamento civile. LOCAZIONI – La Consulta, con la sentenza 404 del 1988, ha riconosciuto al convivente more uxorio il diritto di succedere nel contratto di locazione in caso di morte del partner, anche quando sono presenti eredi legittimi. E anche questa è un punto fermo, totalmente a favore delle convivenze. VITTIME DI MAFIA O TERRORISMO – Il diritto di chiedere le provvidenze che lo Stato accorda alle vittime di mafia o di terrorismo è stato esteso, dalle legge 302 del 1990, anche ai conviventi: «L’elargizione di cui al comma 1 è disposta altresì a soggetti non parenti né affini, né legati da rapporti di coniugio… e ai conviventi more uxorio». VITTIME DI ESTORSIONI E USURA – Oltre al coniuge, ai genitori, ai fratelli e alle sorelle, anche i conviventi figurano nell’elenco previsto dalla legge 44 del 1999 per le «vittime di richieste estorsive o di usura». LE ALTRE TUTELE – Nel lunghissimo elenco dei diritti già riconosciuti figurano poi ampie garanzie per quanto riguarda, l’assegnazione degli alloggi popolari, l’impresa familiare, il risarcimento del danno patrimoniale, la protezione dei collaboratori e dei testimoni di giustizia. E tanto altro ancora.”
Le sole 3 questioni ancora aperte: adozioni, reversibilità e successioni
In definitiva, tre rimangono le questioni ancora aperte: 1) l’adozioni; 2) La reversibilità della pensione; 2) le successioni. Sull’adozione abbiamo già detto. Veniamo agli altri istituti: la reversibilità è un istituto sorto negli anni ’70 che permette al coniuge o ai figli di alcuni lavoratori di godere della pensione del defunto. Perché? Perché non in grado di mantenersi, perché sono categorie deboli, perché il “patrimonio” è “dovere del padre”… Nella coppia gay, però, queste esigenze non ci sono: non ci sono figli, non c’è un coniuge “debole”, non c’è un “padre”. In realtà ormai non c’è più un coniuge “debole” neanche nelle famiglie, dal momento che le donne ormai quasi sempre lavorano. E’ il caso forse di ripensare all’attualità di questo istituto. Successioni: il diritto successorio non calcola mai il/la convivente. Se io con testamento decido di dare tutti i miei averi ai poveri, ma mi sopravvive mia moglie, di diritto la metà della mia eredità spetta a lei. Così coi figli. Il motivo? Sempre quanto detto sopra, soggetto debole, “dovere del padre”, tutela delle vedove e degli orfani… E' giusto che oggi non possa io destinare tutti i miei averi a chi voglio? Non lo so, ma è così. In assenza di coniuge, spettano quote agli ascendenti, mai al convivente. Così come se io muoio intestato, cioè senza aver fatto testamento, chi eredita al posto mio sarà mia moglie, se esiste, mai la mia convivente “more uxorio”. In quel caso l’eredità spetterebbe ai miei genitori. E’ giusto? Non lo so, ma se si vuole cambiare si può sempre includere tra le persone che hanno diritto ad ereditare il convivente, non serve certo istituire il matrimonio gay!
Contratti tra privati, non matrimonio!
Nel mio mondo ideale il matrimonio civile non esisterebbe: vi sarebbero contratti tra privati per stabilire il regime patrimoniale di convivenza e stop. Il matrimonio lo lascerei alla religione e alle tradizioni… alla natura, insomma, com’è giusto che sia. Essendo però che la situazione attuale è un po’ diversa, mi sembra giusto che la legge imiti la natura, che il diritto mantenga il suo rigore logico e la sua funzione di tutela dei diritti (veri) e di difesa dei più deboli.
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Prima Parte
Riflessioni fuori dal coro sui cosiddetti “diritti civili” – Prima Parte
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