Domenica, 7 giugno / 2015
– di Rev. Antoni Carol i Hostench –
Martedì, Ottobre 2nd/ 2012
– di Bahar Kimyongur, traduzione di Curzio Bettio –
Esteri / Europa /Siria / Stati Uniti d'AMerica / Vietnam / Hiroshima / Iraq / Palestina / Libia / Afghanistan / Nicaragua /Guatemala / Ambasciata statunitense / Bruxelles / Esercito siriano / Nato / Al Qaeda / CIA / basi militari Usa / Media / Pace / Guerra / Libertà / Diritti fondamentali / Distruzione / Crimini / Manipolazione mediatica / Esercito siriano / Ribelli / Sistemi spionistici / Armi / Controllo del territorio / Jihadisti /Terrorismo / MEK / Diritto alla vita / Profughi
Siria: il regalo degli Stati Uniti ad Al Qaeda, e
vice versa
Discorso integrale di Bahar Kimyongür, portavoce del
“Comitato contro l’ingerenza in Siria” (CIS), in occasione
di una manifestazione organizzata davanti all’ambasciata
Usa a Bruxelles, il 25 settembre 2012, per protestare contro
la distruzione programmata della Siria da parte degli USA
e dei loro alleati.
Bruxelles – "Numerosi sono gli amici che ci hanno chiesto perché abbiamo scelto di riunirci davanti all’ambasciata degli Stati Uniti per difendere la pace in Siria. Per fornire loro una risposta, cominciamo con la constatazione schiacciante, anzi con un rimprovero all’indirizzo di tutti noi, per la nostra sorprendente amnesia e la nostra cecità complice di fronte all’onnipresenza multiforme e al bellicismo degli Stati Uniti in Siria. Davvero, siamo così condizionati dalla propaganda delle nostre élites che ci dimentichiamo chi in realtà incarni il male principale del genere umano, e del popolo siriano in particolare. Perciò, non mancheremo di sottolineare a questi nostri amici le precedenti guerre d’aggressione che l’Impero statunitense ha scatenato, come iperpotenza colpevole pluri-recidivante di genocidi.
I Gendarmi del mondo e la Dittatura Globale
Con le sue 761 installazioni militari distribuite sui cinque continenti (vedi Chris Hedges, L’empire de l’illusion, Ed. Lux, 2012), questo Impero esercita una dittatura globale, senza la quale il mondo starebbe tanto meglio! Non mancheremo di passare in rassegna l’inventario dei crimini commessi dagli Stati Uniti, a Hiroshima, a Mai Lai durante la guerra del Vietnam, a Falloujah in Iraq, a Gaza in Palestina, nella Sirte in Libia. Denunciamo il loro uso del napalm, dell’“Agente Orange”, dei loro droni Predator, i loro tappeti di bombe riversati dai loro B-52 su intere città, l’avere finanziato e armato i “contras” e “contractors” in Afghanistan, in Guatemala, in Nicaragua, i loro golpe militari, le loro minacce, le loro sanzioni, i loro ricatti, la loro politica di corruzione degli oppositori ai regimi giudicati ostili.
I Media e l'assuefazione al crimine
Attualmente, a forza di ingozzarci di immagini tutte orientate a dimostrare a tutti i costi la barbarie dell’esercito siriano, i nostri media sono abilmente pervenuti a renderci assuefatti ai crimini degli Stati Uniti, eternamente impuniti, la cui barbarie è proporzionale ai mezzi impiegati. Ogni giorno siamo allo stesso tempo complici e vittime, fisiche e morali, di un Impero che nel 2010 ha impiegato da solo il 43% dei bilanci militari mondiali, vale a dire quattro volte più della Cina e della Russia messe insieme. Noi siamo a tal punto condizionati dalle immagini che ci pervengono dalla Siria, che ci mostrano le atrocità in modo assolutamente unilaterale, e dai discorsi contro la Russia, contro la Cina e contro l’Iran, che non teniamo più presenti tutte la basi navali e aeree statunitensi, i sistemi radar degli Stati Uniti, gli agenti della CIA, che operano per la distruzione programmata della Siria.
Collaborazionismo strategico nel silenzio
Se siete ancora scettici sulla questione del ruolo centrale degli Stati Uniti nel caos siriano, vi invitiamo a gettare uno sguardo più attento sulle operazioni in corso sul fronte nord-occidentale della Siria.Nella provincia turca di Hatay, cioè ai piedi della roccaforte siriana, gli jihadisti di Al Qaida o dell’Esercito siriano di Liberazione ASL, operano a stretto contatto con i soldati dell’esercito turco di Erdogan e con le truppe statunitensi. A qualche chilometro dalla frontiera siriana, esiste una base radar della NATO, quella di Kisecik, situata sulla sommità della catena montuosa dell’Amanus. Gli abitanti del paese di Antiochia denominano questo sito come “il radar”. Al punto 0 della frontiera siriana, sulla cima del Djebel El Aqra’ (il monte Cassius), la NATO è impegnata a costruire una nuova base osservatorio (fonte: Antakya Gazetesi, 28 agosto 2012). Situato sopra il villaggio siriano di Kassab, sui 1700 m. di altitudine, questo sito, da cui ad occhio nudo si possono percepire le coste cipriote, è altamente strategico. Questa installazione militare dominerà la provincia siriana di Lattaia, il che consentirà il controllo di tutta la Siria, per cielo, terra e mare. Situata a meno di 150 km dalla frontiera siriana in linea d’aria, la base militare d’Incirlik, da cui transitano gli armamenti provenienti dalla Libia con destinazione gli insorti siriani, è una delle più grandi basi aeree e di sorveglianza statunitensi di tutto il mondo. Nel Golfo di Alessandretta, a meno di un miglio marino dalle coste siriane, naviglio da guerra della NATO fornisce agli insorgenti siriani informazioni e rilevamenti di natura militare.Nella medesima provincia di Hatay e nella provincia vicina di Adana, la CIA dispone di centri di formazione militare riservate agli insorgenti siriani. Se dubitate di tutto questo, vi invitiamo ad andare a leggere l’intervista concessa alla BBC da Thwaiba Kanafani, una spia che lavora per conto dell’Esercito siriano di Liberazione ASL (cf. reportage di Richard Galpin, BBC, 4 agosto 2012).
Quello strano afflusso di Jihadisti sotto il naso degli Usa
I veterani dell’Afghanistan, Bosnia, Cecenia, Iraq, Libia, gli jihadisti provenienti dal Tagikistan e dallo Yemen, dalla Francia o dal Maghreb arrivano con mezzi vari, con bus e con aerei stracolmi, secondo corridoi di trasporto stradale ed aereo internazionali. Se dubitate di questa nuova crociata jihadista scatenata da Al Qaeda, vi invitiamo ad andare a leggere l’illuminante reportage di Ghaith Abdoul-Ahad per conto del Guardian, pubblicato questa domenica (The Guardian, Syria: the foreign fighters joining the war against Bashar al-Assad, 23 septembre 2012 – The Guardian, Siria: combattenti stranieri partecipano al conflitto contro Bashar al-Assad, 23 settembre 2012). La popolazione cosmopolita di Hatay, che mai aveva visto una sola barba salafita nella regione, assiste tutti i giorni allo sbarco di uomini all’apparenza poco pacifisti e talvolta perfino armati. È impossibile che dei battaglioni di Al Qaida possano arrivare in modo così massiccio senza attirare l’attenzione delle truppe statunitensi o turche, che controllano palmo a palmo tutta la regione. In ogni caso, gli Stati Uniti, che sono tanto pronti a bombardare quando notano il minimo movimento sospetto nel deserto dello Yemen o nelle montagne del Pakistan, non hanno veramente l’aria di preoccuparsi per questo afflusso di jihadisti. Quanto all’esercito turco, non arretra davanti ad alcuna difficoltà pur di aiutare i terroristi nel saccheggiare la Siria.D’altronde, le catene televisive turche diffondono in diretta gli scontri militari frontalieri fra le truppe governative siriane e i ribelli, che vanno e vengono fra i campi profughi situati fra il territorio della Turchia e quello della Siria. (vedi natura economica dei rapporti tra Turchia ed Usa negli articoli in in allegato). Al posto di raffreddare i conflitti, di impedire questo terrorismo che agisce a cavallo dei confini, l’esercito turco punta i cannoni dei suoi blindati e i suoi lancia-missili contro l’esercito della Siria.
I "Ribelli" e le "tecnologiche" armi sotto banco
Alcuni potrebbero obiettare che gli insorti ricevono ben scarsi armamenti dall’Occidente. Tuttavia, su decine di fotogrammi che ci arrivano dal fronte siriano, è possibile riconoscere, branditi dai ribelli, fucili di precisione M24 statunitensi, lancia-razzi RPG russi in dotazione all’ex esercito libico introdotti via mare dalla NATO, fucili AUG Steyr austriaci, MANPADS statunitensi (MANPADS è l’acronimo di Man-portable air-defense systems ed indica un sistema missilistico antiaereo a corto raggio trasportabile a spalla) inviati dal Qatar e dall’Arabia Saudita e consegnati proditoriamente dall’esercito turco. (Fonte : Reuters, 31 luglio 2012). La stampa svizzera informa che migliaia di granate svizzere vendute agli Emirati Arabi Uniti sono pervenute nelle mani dei ribelli siriani dopo essere state offerte ai militari della Giordania. (RTS Info, 21 settembre 2012). Non occorre essere grandi esperti per capire come gli Stati Uniti siano presenti in tutto questo, ma in modo molto discreto, così come si sono comportati durante la guerra di Libia.
Un richiamo allo scenario Libico
Un breve richiamo allo scenario libico dovrebbe consentire di comprendere meglio la strategia che gli Stati Uniti stanno osservando in Siria. Atto 1: due giorni dopo l’adozione della Risoluzione che autorizzava la creazione di una zona di esclusione aerea (no-fly-zone), una pioggia di missili da crociera statunitensi Tomahawk distruggeva le linee di difesa dell’esercito libico; Atto 2: aerei francesi, belgi, spagnoli e britannici entravano in azione; Atto 3: i mercenari e gli jihadisti terminavano il lavoro. Possiamo constatare che, come in Libia, gli Stati Uniti e i loro alleati occidentali preferiscono tenere un basso profilo anche in Siria. Per il momento, costoro si accontentano di far pervenire il materiale bellico, e di regolamentarne i traffici, ai ribelli siriani, materiale militare dei loro vassalli arabi del Golfo, ben inteso di fabbricazione usamericana. Per sbarazzarsi e vendere questi armamenti ai petro-monarchi del Golfo, il protettore e fornitore usamericano non manca di agitare il fantasma di un’aggressione da parte dell’Iran. Non ci vuole molto perché gli sceicchi del Qatar e dell’Arabia Saudita si piscino addosso dal terrore lordando le loro belle tuniche da maschi (dichdacha).
Diverse forme di attivismo Usa
Altra constatazione: grazie ai loro sistemi spionistici, gli Stati Uniti hanno aperto brecce nella fortezza siriana attraverso cui i ribelli siriani possono stabilmente installarsi nel paese sotto assedio. Attualmente, più che un sentiero di Ho Chi Minh, è un largo viale che i servizi segreti dell’esercito turco e statunitensi hanno offerto ai ribelli. E se gli osservatori stranieri che percorrono la zona vedono nelle mani dei ribelli solamente armamenti rudimentali o in disuso, senza dubbio è perché in quel momento l’esercito siriano sta bombardando in modo efficace le vie di approvvigionamento della ribellione, che collegano la Turchia al fronte di Idlib e di Aleppo. Il risultato di questo attivismo statunitense, occidentale e dei paesi del Golfo sta nel fatto che i bambini della Siria vengono esposti ad un conflitto mortale, da cui nessuno potrà uscirne vincitore. Il gigante del Nord America, che sognava di vedere un mondo arabo soggetto e diviso, mai avrebbe sperato in uno scenario migliore ad un costo così basso. Grazie all’Esercito siriano di Liberazione (ASL o ELS) e ad Al Qaida, gli Stati Uniti non devono proprio impegnare le loro truppe sul fronte siriano. Quando l’ASL moltiplica le sue angherie e i suoi crimini di guerra, alcuni si interrogano in modo legittimo sul perché gli Stati Uniti evitino di inserire questa formazione all’interno della lista delle organizzazioni terroristiche, dato che in questo elenco figurano altre organizzazioni molto meno crudeli. È necessario ricordare che il marchio di terrorista viene imposto dagli Stati Uniti a seconda che il ribelle sia utile o danneggi gli interessi usamericani. Prova ne sia che, su richiesta espressa della lobby sionista statunitense, Hillary Clinton si appresta a radiare dalla lista statunitense delle organizzazioni terroristiche il Mujahedin-e Khalq (MEK). La motivazione? L’organizzazione iraniana dissidente ha aiutato Israele nella raccolta di informazioni sulle installazioni nucleari del governo di Teheran (De Standaard, 24 settembre 2012). A leggere i comunicati incendiari dell’Esercito siriano di Liberazione ASL a proposito di depositi di armi chimiche o della disposizione di missili balistici dell’Esercito siriano, si può pensare che gli Stati Uniti, l’Europa ed Israele abbiano incaricato l’ASL della stessa missione che hanno addossato ai Mujahedin-e Khalq iraniani. In ogni caso, per quanto nobili siano le sue intenzioni, le sue collusioni con i “falsi amici della Siria”, le sue aspettative rispetto ad un improbabile intervento con pretesti di liberazione, il suo zelo nel volersi accattivare l’Occidente e il suo oscuro programma politico che converge con l’agenda degli Stati Uniti e dell’Europa nella regione, fanno dell’ASL una banda di mercenari allo stesso titolo dei Mujahidin e-Khalq iraniani.
La Riconciliazione e il ruolo dei BRICS
Passiamo ora al nostro obiettivo determinante, vale a dire quello di contribuire alla lotta per la pace e la riconciliazione in Siria. Noi crediamo che sia impossibile fermare lo spargimento di sangue e salvare la vita di Siriani innocenti che si trovano in entrambi i campi del conflitto fin tanto che l’Occidente non ostenterà una posizione neutra nei confronti del conflitto. Se, come pretendono, gli Imperi occidentali sostenessero la pace in Siria, loro che non fanno altro che seminare zizzania in questa regione del mondo, sarebbero obbligati di rispettare i tentativi messi in atto dalla Russia, Cina, Iran, Venezuela, e perfino dall’Egitto. Per il momento, è un dato di fatto che coloro che sostengono il governo siriano siano anche le forze principali che forniscono proposte concrete e realistiche. Infatti, solo grazie alla Russia, alla Cina e agli altri paesi del Brics (Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica) che una missione di osservatori dell’ONU ha potuto insediarsi, che sono stati nominati mediatori internazionali, che in Siria ha potuto essere creato un ministero per la riconciliazione, ministero alla cui direzione si trova Ali Haydar, un oppositore storico del governo di Bachar El-Assad. Per merito di questo ministero, che fa appello a tutte le buone volontà locali espresse dal clero, dalla popolazione civile, dalla ribellione o dall’esercito, numerosi ostaggi hanno potuto essere restituiti alle loro famiglie nel quadro dell’iniziativa denominata “Moussalaha”, la riconciliazione. Ben inteso, i nostri mezzi di informazione non parlano mai di tutto questo, per non dare la sensazione di aderire alla “propaganda di regime”.
Porte aperte al Dialogo
Nello scorso fine settimana, ha potuto tenersi a Damasco una conferenza impensabile fino a qualche settimana fa: degli oppositori del Comitato delle Forze per un Cambiamento Nazionale Democratico (CCCND) di Haytham Manna si sono riuniti in un hôtel della capitale siriana in presenza di diplomatici russi, iraniani, egiziani, algerini e cinesi. Eppure, il CCCND di Haytham Manna è un’organizzazione accanitamente ostile a Bachar El-Assad ed esige da questo l’abbandono del potere. Questi cambiamenti possono sembrare spesso solo di facciata o simbolici, ma è chiaro che siamo in presenza di cedimenti nondimeno formali da parte del governo al potere. Anche il presidente siriano ha lasciato la porta aperta al dialogo con la ribellione (cf. Al Ahram Al Arabi, 21 settembre 2012). Non è possibile affermare altrettanto per l’opposizione radicale, la cui unica mira è il rovesciamento violento del potere. Alcuni sostengono che gli alleati di Damasco difendono la pace per interesse. Affermativo, questo è esatto! Ma che questo piaccia o no, gli interessi di questi paesi coincidono con quelli degli innocenti che stanno morendo tutti i giorni sotto i bombardamenti dell’aviazione e dell’artiglieria siriana o sotto i colpi di mortaio e per gli attentati dei ribelli.
Lottare per la Pace e Mercanti d'armi
Bisogna fermare le uccisioni e tutto ciò che risulta come il principale responsabile degli omicidi. Bisogna lottare per la pace, e poco importa che sia stato l’esercito siriano o la ribellione a sparare per primo. Ricordiamoci della guerra Iran/Iraq. È stata la CIA che ha eccitato Saddam Hussein ad aggredire l’Iran. Dunque, l’Iran si trovava in una situazione di legittima difesa. Questa guerra è durata 8 anni ed è costata la vita a quasi due milioni di Iraniani ed Iracheni. Sono stati i mercanti d’armi degli Stati Uniti a vendere il materiale militare ai due belligeranti. Hanno fatto in modo di protrarre più a lungo possibile il conflitto, in modo tale che né l’esercito arabo laico né l’esercito sciita persiano potessero prevalere. Le atrocità commesse da una parte e dall’altra del fronte superano ogni immaginazione. Io vi domando: “A quel tempo, quale sarebbe stata la posizione più umanitaria: difendere il diritto di resistenza della Repubblica islamica d’Iran contro l’Iraq aggressore, o difendere la pace?”
L'Occidente e la manipolazione delle disgrazie
Per giustificare la distruzione della Siria, i nostri dirigenti arrivano a manipolare le disgrazie dei profughi siriani. Ci parlano sempre dei 250.000 profughi rifugiati nei paesi vicini. Ma le sorti dei profughi all’interno della Siria, che sono almeno dieci volte di più, non interessano assolutamente. La ragione principale di ciò consiste nel fatto che questi profughi dell’interno sono stati per la maggior parte evacuati dall’esercito e dai servizi di protezione civile mobilitati dal governo di Damasco. Fra il maggio e il settembre del 2007, l’esercito libanese aveva messo in atto la medesima strategia d’isolamento della guerriglia jihadista, all’epoca dell’occupazione e della ripresa del campo palestinese di Nahr al-Bared. A Homs, Damasco e nei quartieri sicuri di Aleppo, decine di migliaia di profughi, fuggiti dal terrore dei ribelli, sono stati alloggiati in scuole, centri sportivi, chiese e moschee. Tutte queste famiglie sinistrate beneficiano di sussidi alimentari. Quando un quartiere è messo in sicurezza dall’esercito, queste famiglie possono ritornare alle loro case. Cosa sappiamo noi precisamente di questa realtà? Nulla, perché i nostri mezzi di informazione non ne parlano. Paura di mostrare che milioni di Siriani amano il loro esercito e confidano in esso! È pur vero che qualche migliaio di Siriani ama e sostiene i ribelli. Ma quando i nostri media non mostrano altro che il sostegno popolare di cui gode la ribellione, evitando di parlare dei milioni di Siriani che difendono corpo ed anima l’esercito governativo (costituito da militari di leva, coscritti, dunque figli del popolo) e che lo accolgono con abbracci, distribuzione di dolci e di mazzi di fiori dopo aver cacciato i ribelli dai loro quartieri, questi media cadono in una propaganda antigovernativa, che è ben lontana dal rendere un buon servizio al popolo siriano.
Il paradosso della guerra in Siria
E allora, che dire delle vittime civili dei bombardamenti dell’aviazione governativa? In realtà, come triste e vergognoso che sia, l’esercito siriano bombarda non proprio la popolazione, ma una parte della popolazione: sia quella che sta sostenendo i ribelli, sia quella che è presa in ostaggio dai ribelli, sia quella che non ha mezzi economici o fisici per fuggire dai combattimenti, sia quella che, per ragioni affettive, non ha l’intenzione di abbandonare la propria abitazione. Quale che sia la ragione di questi bombardamenti, nessuno può rimanere insensibile di fronte alla sofferenza di queste vittime innocenti, rinchiuse nel terrore e nelle macerie. Noi tutti, qui presenti, sosteniamo la fine delle violenze e il rispetto totale dell’integrità fisica e del diritto alla vita di tutti i Siriani (e dei non Siriani), civili o militari, terroristi o ribelli, bambini o adulti. Ma siamo realisti, l’esercito non può fermarsi e cessare di battersi. Se l’esercito arrestasse i combattimenti, sarebbe condannato alla disfatta, al suo scioglimento e alle rappresaglie. Nessun esercito accetterebbe queste condizioni. Noi abbiamo visto che quando cessa di attaccare, le sue postazioni vengono annientate da agguati e le popolazioni sotto la sua protezione massacrate dai ribelli. Per quanto paradossale e cinico possa apparire, l’esercito siriano colpisce una parte del popolo per proteggere un’altra parte. Sarebbe riduttivo considerare che solo il clan di Assad, la comunità alawita e le sue relazioni clientelari sostengono Assad. Per quanto scioccante possa sembrare, molti Siriani che non hanno legami con il potere, pensano che Assad sia ancora troppo molle nei confronti dei terroristi. Allora, che fare? Ammazzare i milioni di partigiani del regime per consentire che i suoi oppositori conquistino il potere, oppure raccomandare la riconciliazione? Alimentare il conflitto in nome di una rivoluzione da tanto tempo confiscata dai suoi finanziatori corrotti, o patrocinare la pace dei coraggiosi? Distruggere la Siria o aiutare questo paese a rimarginare le sue ferite e a dissipare l’incubo?
È bello e coraggioso difendere la Democrazia in Siria
Ancora, è necessario potersi assegnare mezzi e modi che siano moralmente e materialmente all’altezza di questo obiettivo lodevole. Se potessimo cominciare a fermare il massacro, sarebbe già un buon passo in avanti. Nell’attesa di giorni migliori, in Siria e in altre parti del mondo, “all we are saying is give peace a chance”, tutto quello che vogliamo affermare è dare una possibilità alla pace. Grazie ancora della vostra presenza e della vostra pazienza".
Bahar Kimyongür, Portavoce del Comitato contro l’ingerenza in Siria
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Allegato – Agenzia Fides
Il Direttore delle POM: “Aleppo a ferro e fuoco,
senza elettricità: emergenza umanitaria”
L'appello accorato e disperato di Fides:
Chiediamo al mondo intero un
sussulto di coscienza
Aleppo – “L’atmosfera è molto tesa. Questa mattina alle 10 gruppi armati di ribelli sono entrati nel quartiere di Sheik Maqsoud, ad Aleppo, dove abitano molti curdi e cristiani, e ci sono intensi combattimenti. Nel nostro quartiere cristiano di Suleimanye ho contato 18 forti esplosioni. Gruppi di ribelli sono penetrati anche in altri quartieri cristiani come Jabrie e quindi la vita per la popolazione civile, in mezzo al fuoco incrociato, è in serio pericolo”: è la drammatica testimonianza rilasciata all’Agenzia Fides da p. Jules Baghdassarians, sacerdote greco cattolico di Aleppo e Direttore nazionale delle Pontificie Opere Missionarie (POM) in Siria, mentre le forze di opposizione hanno annunciato l’avvio della “battaglia finale ad Aleppo”. P. Baghdassarians spiega a Fides: “I civili innocenti continuano a morire: ieri una madre cristiana armena e una sua figlia di 6 anni sono state uccise, mentre il padre è gravemente ferito all’ospedale. Nei giorni scorsi abbiamo contato 15 vittime nella nostra comunità greco cattolica. Da due giorni non abbiamo elettricità: è una conseguenza dell’intensificarsi dei combattimenti. Gruppi armati si annidano nei palazzi dei civili: la popolazione è terrorizzata”, riferisce il sacerdote. In tale tragica situazione, c’è “una reale emergenza umanitaria:migliaia di profughi sono ammassati nelle scuole e ad occuparsi di loro sonopreti cristiani di tutte le confessioni, che portano cibo e assistenza. I cristiani sono mobilitati soprattutto per l’opera umanitaria, portando aiuti ai profughi che sono soprattutto famiglie musulmane”. Il Direttore nazionale lancia un accorato appello: “Chiediamo al mondo intero un sussulto di coscienza: fermate la guerra, fermate il commercio di armi, donateci la pace. Come ha detto il Papa, l’unica strada possibile per porre fine al bagno di sangue in Siria è la riconciliazione”.
Direttore Fides
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