Cybersorveglianza – La Nuova Guerra USA e lo Scandalo Datagate
Mercoledì, Giugno 28th/ 2013
– di C. Alessandro Mauceri –
Einstein, Terza Guerra Mondiale, ARPA, Advanced Research Projects Agency, Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti, ARPANET, Wikileaks, Stati Uniti d'America, Guardian, Edward Snowden, Cia, Booz Allen Hamilton, NSA, National Security Agency, Fbi, Echelon, Guerra fredda, Regno Unito, Australia, Canada, Nuova Zelanda, UKUSA, cyber sorveglianza, Blue Coat, P-System di Damasco, First Video Communications, Research Control Systems, Area Spa, Sio Spa, Datagate", Kaspersky Lab, NetTraveler, malware, Osservatorio per la Sicurezza Nazionale, Ministero della Difesa, Goldman Sachs, JP Morgan spionaggio informatico, segretario della Difesa statunitense, Panetta, “Cyber Pearl Harbour”, Pentagono, Barack Obama, Hu Jiintao, C.Alessandro Mauceri
Cybersorveglianza – La Nuova Guerra USA
Il dopo Echelon – Snowden e lo Scandalo Datagate
I gendarmi del Mondo e lo strumento improprio della rete
per controllare stati, soggetti pubblici e privati.
Dove stiamo andando? L'Analisi di Qui Europa
di C. Alessandro Mauceri
La Spia rossa
Washington – Si narra che Einstein, scioccato dagli effetti prodotti dagli ordigni nucleari usati nella Seconda Guerra Mondiale, ebbe a dire: “Non so con quali armi si combatterà la Terza Guerra Mondiale, ma la Quarta sì: con bastoni e pietre”. Le origini di Internet vengono solitamente fatte risalire all’ARPA (Advanced Research Projects Agency), creata nel 1958 dal Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti, come risposta all’avanzata tecnologica dell'Unione Sovietica che, nel 1957, aveva lanciato il primo satellite (il leggendario Sputnik). Dall’ARPA, nel settembre del 1969, nacque ARPANET, una rete di computer creata dall’ente che aveva il controllo di tutte le ricerche scientifiche a lungo termine in campo militare. In poco più di mezzo secolo, la rete si è estesa e ampliata a tal punto da aver raggiunto tutti i più piccoli e reconditi anfratti della vita privata e soprattutto pubblica. È sorto, quindi, il problema della riservatezza dei dati privati e, ancora di più, dei dati pubblici. Ciò è stato dovuto al fatto che molti documenti, sebbene pubblici e in quanto tali, teoricamente visionabili da chiunque, in molti casi, stranamente, sono “classificati” e “riservati”. In altre parole una gran quantità di documenti pubblici “devono” restare segreti. Anzi non se ne dovrebbe neanche parlare. Proprio per questo, qualche tempo fa fece scalpore il fatto che alcuni esperti di computer e di reti informatiche fossero riusciti ad accedere alle reti riservate di buona parte dei Paesi del mondo e li avessero resi pubblici tramite Wikileaks. I file provavano il malaffare diffuso in molti Stati nella gestione della cosa comune. Immediatamente scoppiò un’azione repressiva senza precedenti (che dura ancora oggi). Azione, però, condotta non nei confronti di quei politici, funzionari e amministratori che avevano gestito la cosa comune senza alcun rispetto delle leggi e dei cittadini e, a volte, per i propri interessi privati, ma nei confronti di chi si era reso colpevole solo di aver rivelato al mondo ciò che i governanti stavano facendo alle spalle dei cittadini.
Olre il Muro di Gomma
Qualche tempo fa, un soldato, sconvolto per ciò che aveva trovato sui computer dell’esercito e stanco del muro di gomma che si era levato intorno a certe “operazioni” condotte in Iraq dall’esercito USA, aveva deciso di rendere note le stragi commesse dai suoi commilitoni (soldati americani avevano sparato senza alcun valido motivo su civili e su due giornalisti della Reuters). Ancora una volta immediatamente è stata intrapresa una missione punitiva pesantissima (e da molti ritenuta eccessiva) nei confronti di chi aveva usato la rete per rendere note a tutti le malefatte dei governanti e di chi gestiva la cosa comune. Poche settimane fa è venuto alla luce che alcuni “organi” degli Stati Uniti d’America, per diverso tempo, hanno spiato la sede statunitense di un'agenzia di stampa internazionale, l’Associated Press, senza alcuna autorizzazione da parte di un tribunale e senza alcuna motivazione ufficiale.
Nella Rete
Da alcuni anni ormai, notizie di scandali legati all’utilizzo più o meno legittimo di dati informatici si ripetono. Fino all’ultimo scoop del Guardian basato sulle rivelazioni di Edward Snowden, ex tecnico della Cia passato poi alla Booz Allen Hamilton, un contractor privato nel settore della difesa, in base alle quali la NSA, National Security Agency, l’Fbi (e a quanto pare molti altri soggetti) per diversi anni hanno controllato reti di comunicazione non solo negli Stati Uniti, ma in molti altri Paesi. E tutto senza alcuna autorizzazione da parte della magistratura e senza alcun giustificato motivo. Unica scusa addotta è stata quella della sicurezza nazionale. In realtà la gravità e l’estensione del fenomeno, almeno stando a quanto, piano piano, sta venendo a galla, sembra essere molto più grande di quanto si pensasse. Internet costituisce oggi, e sempre di più costituirà nel futuro, una piattaforma insostituibile e di importanza massima per l’economia e per gli equilibri politici di tutto il pianeta. Tutti noi affidiamo alla rete una gran quantità di segreti personali di non trascurabile importanza. Attraverso la rete vengono giornalmente scambiati miliardi di dati che hanno immenso valore, e non solo per i mittenti e per i destinatari della comunicazione. Basti pensare banalmente a password di account, dati di bancomat o carte di credito, per arrivare fino a segreti industriali, documenti riservati di natura politica o militare.
Il Dopo Echelon – Verso una "Nuova Guerra": la cybersorveglianza
Da anni ormai, chiusa la vicenda Echelon (nata, nel 1947, durante la Guerra fredda, su iniziativa di USA, Regno Unito, Australia, Canada e Nuova Zelanda, che prevedeva, in base all’accordo UKUSA, spionaggio di reti telefoniche e informatiche e scambio di informazioni a livello internazionale senza alcun rispetto dei diritti civili dei cittadini e delle leggi), è iniziata una vera e propria guerra informatica. Una guerra in cui le armi non sono fucili e cannoni, ma agenzie private di "cybersorveglianza". Il campo di battaglia non sono luoghi strategici, ma server in cui sono nascosti dati riservati e “sensibili di tutti i Paesi del mondo, nessuno escluso”. Una guerra sempre più cruenta, un business in continua crescita. Oggi centinaia di aziende vendono ai migliori offerenti prodotti di sorveglianza elettronica e dati. Non fanno spionaggio, semplicemente forniscono a chi paga gli strumenti per farlo e insegnano anche come. Come inquadrare in tal contesto, ad esempio, progetti come "Safe City" dell'israeliana BunkerSek: cioè l'irrigimentazione di intere città (es.: quel che sta accadendo nel silenzio quasi generale in una città di appena 100mila abitanti come Catanzaro, in Calabria) attraverso l'installazione, con la scusante della sicurezza, di centinaia di telecamere (900 nel caso specifico) ad opera della maggiore ditta di sorveglianza e spionaggio a livello internazionale? Proprio nei giorni scorsi, dopo le denuncie fatte da numerosi cittadini riuniti in comitati, è giunto in merito alla spinosa questione il nullaosta del TAR, che ha di fatto autorizzato questa vera e propria manovra stile Orwell 1984.
Orwell 2013
Tra gli acquirenti di molti di questi sistemi di controllo totale di orwelliana memoria, ci sono spesso e volentieri regimi dittatoriali e sanguinari, Paesi industriali le cui aziende vogliono il dominio dei mercati, potenze mondiali nuove o ormai decadute in cerca di nuovi spazi. È una guerra senza regole che si svolge in un mercato ambiguo e non regolato. A volte i protagonisti sono noti. Come l’NSA, la National Security Agency che è grande tre volte la CIA e che beneficia di circa un terzo delle risorse di bilancio per l'intelligence statunitense, vale a dire di una somma che nel 2010 ha superato gli 80 miliardi di dollari. Altre volte operano nell’ombra come Blue Coat, la P-System di Damasco, la filiale di Beirut della "First Video Communications" e alcune aziende italiane come Research Control Systems, Area Spa e Sio Spa, i cui nomi non sono noti a molti, ma che annoverano tra i propri clienti Paesi come l’Italia, gli Stati Uniti d’America, l’Inghilterra, la Siria, e molti altri a volte in aperto conflitto tra loro.
Snowden e lo Scandalo Datagate – Una Eterna Guerra Fredda
Il "Datagate", come è stato chiamato lo scandalo nato dalle rivelazioni di Snowden, parla di sistemi di controllo globale di centinaia di milioni di telefonate, email, pagamenti con carta di credito e in una parola, qualsiasi cosa viaggi sulla rete. E, stando alle notizie trapelate sui media, a beneficiare dei dati spiati dalla NSA, oltre agli USA sarebbero stati anche la Gran Bretagna, il Canada, la Nuova Zelanda e l'Australia. In una parola i vecchi partner di ECHELON. Ma allora la Guerra Fredda è finita o ha cambiato forma e contendenti? Forse la risposta è in ciò che hanno scoperto gli esperti del Kaspersky Lab. I tecnici informatici hanno pubblicato, pochi giorni fa, i dati della propria ricerca secondo la quale sarebbe stata diffusa sulla rete una famiglia di programmi utilizzati da alcuni gruppi per infettare vittime di alto profilo in 40 diversi Paesi tra cui Stati Uniti, Canada, Regno Unito, Russia, Cile, Marocco, Grecia, Belgio, Austria, Ucraina, Lituania, Bielorussia, Australia, Hong Kong, Giappone, Cina, Mongolia, Iran, Turchia, India, Pakistan, Corea del Sud, Thailandia, Qatar, Kazakhstan e Giordania. Il gruppo NetTraveler sarebbe riuscito a penetrare nei computer di vittime sia del settore pubblico che del privato, comprese istituzioni governative, ambasciate, l'industrie petrolifere e del gas, centri di ricerca, aziende che operano nel settore militare e diversi attivisti. I principali settori di interesse delle attività di spionaggio del gruppo NetTraveler sono stati l’esplorazione dello spazio, le nanotecnologie, la produzione di energia, il nucleare, i laser, la medicina e le comunicazioni. I server di “Comando e Controllo” di NetTraveler sono stati usati per installare malware ed effettuare trasferimenti di dati non autorizzati.
Una torta da 300 Miliardi
Il giro d’affari mondiale di questi attacchi sulla rete è inimmaginabile e si misura in miliardi di dollari. Alcune stime parlano di 300 miliardi di dollari. Ma pare siano approssimate per difetto. Del resto solo in Italia, nel 2012, l’Osservatorio per la Sicurezza Nazionale ha reso noto che si è registrato un incremento dei crimini informatici del 200% e, contestualmente, il Ministero della Difesa ha fatto sapere che avrebbe aumentato il budget destinato agli apparati di difesa informatici. E dato che oggi sempre più spesso il potere di un Paese è basato sulla finanza e non sugli armamenti, il conflitto ha raggiunto anche le sedi in cui circola il denaro dei maggiori investitori. Pochi giorni fa Goldman Sachs e JP Morgan hanno denunciato di essere state vittime di un'attività di spionaggio informatico che ha violato la privacy dei trader di 315mila abbonati (tra i quali banche e industrie tra le più grandi del mondo). Il mercato dei soli dati finanziari vale oggi complessivamente 25 miliardi di dollari e nelle di questi l'85% sarebbe stato oggetto di spionaggio.
Siamo in Guerra…
Lo scorso ottobre la situazione era già così grave da far dichiarare all’allora segretario della Difesa statunitense, Panetta, che c’erano seri rischi di una “Cyber Pearl Harbour”. Un rapporto del Pentagono, infatti, accuserebbe hacker cinesi di aver messo le mani su dozzine di sistemi di difesa, missilistica ed aeronavale giudicati come “critici alla difesa nazionale”. Non sorprenderà quindi che, in un simile contesto, uno dei punti di discussione del recente incontro tra il presidente USA Barack Obama e leader cinese Hu Jiintao, riguardasse l’adozione di norme comuni in materia di sicurezza informatica. In altre parole una tregua in quella che è una vera e propria cyber-guerra che vede tra i combattenti Cina, Stati Uniti e molti altri Stati. Non è un caso, secondo alcuni, che Edward Snowden, il funzionario che ha rivelato al mondo “lo spionaggio informatico” perpetrato dagli Stati Uniti, abbia deciso di rifugiarsi a Hong Kong. Se Einstein fosse ancora vivo forse potremmo fornire una risposta al dubbio dello scienziato: la Terza Guerra Mondiale sarà combattuta con i computer e sulla rete. Anzi forse si sta già combattendo.
C. Alessandro Mauceri (Copyright © 2013 Qui Europa)
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