– di Vincenzo Mannello –
approfondimento di Sergio Basile – Azioni e Borsa, Limiti e Inganni
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Amsterdam e Londra – Le nuove sedi mondialiste
della FIAT
L'apolide Marchionne conclude la Sua "Grande Opera"
di Vincenzo Mannello
approfondimenti di Sergio Basile – Azioni e Borsa, Limiti e Inganni
Amsterdam e Londra – Le nuove sedi FIAT
Torino, Amsterdam, Londra – di Vincenzo Mannello – Staccata l'ultima gomena che la teneva unita al porto madre italiano, la ex-Fiat, cioè la "nuova Fiat Chrysler Automobiles SCA" è da oggi diretta definitivamente verso il porto di Wall Street e, come vedremo, verso Regno Unito e Olanda. Al comando dell'unità "ristrutturata" Capitan Sergio Marchionne, apolide canado-svizzero senza patria e fedelissimo – in senso sia materiale che spirituale – del dio "del Profitto". O meglio sarebbe dire: del "dio" profitto. Gli "armatori" Agnelli e gli altri soci americani, piú o meno occulti, hanno scelto Amsterdam e Londra come nuove sedi legali e fiscali dello storico marchio italiano, in nome della "globalizzazione", cioè cantando le lodi del Nuovo Ordine Mondiale!
L'ossequioso lecchinaggio del Ghota europeista
A salutare ossequioso la funesta partenza del "mito italiano" (a 48ore – tra l'altro – dallo "struggente discorso" di Luca Cordero di Montezemolo al popolo Ferrari) è comparso tutto il Ghota (maiuscola di demerito) della finanza e della partitocrazia italiana. "Bene, bravo, bis!" questo l'ipocrita coro unanime di saluto. Matteo Renzi, ovviamente, era in prima fila a plaudire il gaudioso evento che già lo stesso aveva osannato indirettamente omaggiando Marchionne a New York. Di seguito tra radio, televisioni e giornali è stato tutto un patetico susseguirsi di celebrazioni da parte di economisti di rango, politologi ed esponenti dei soliti partiti. "Capitan Marchionne ha salvato la Fiat e "garantito" l'occupazione in Italia"! Questa la morale (distorta) della filastrocca cui eco si può ancora udire nei cieli di Torino e dintorni.
Nel rispetto della tradizione italiana di Fiat
Ma i frutti che in molti fanno finta di non vedere, presto appariranno al sole in tutto il loro "meraviglioso" disgusto. Già in Sicilia, a Termini Imerese, ad esempio, abbiamo gustato un succulento assaggio di tali primizie! In seguito potranno goderne direttamente gli stessi lavoratori Fiat nel resto dell'Italia, potendo constatare sulla propria pelle cosa vuol dire dipendere in tutto e per tutto da una società "estera": e per giunta americana e guidata da un mercenario. Già! Perché oramai, possiamo dirlo, la (ex) Fiat non ha più nulla da spartire con l'Italia: idem per gli interessi "nazionali", cioè quelli degli europeisti apolidi che obbediscono ai mondialisti padroni della finanza. Gli unici "affari italiani" resteranno quelli legati alla sfera dell'estorsione fiscale ai danni delle famiglie dei contribuenti onesti e non assistiti da nessuno! Parlo, ovviamente, degli interessi afferenti a quei miliardi che nel prossimo futuro Marchionne e soci riusciranno ad estorcere, per gentile concessione del "buon amico" Matteo Renzi, alle famiglie italiane col pretesto di evitare lo smantellamento delle fabbriche dello Stivale, in un alibi perfetto che desterà l'invidia dei migliori romanzieri noir. Questo gioco si! Può davvero dirsi in linea con la più antica ed ortodossa tradizione italiana Fiat!!
L'epilogo
La Fabbrica Italiana Automobili Torino, nata nel 1899, ha da sempre goduto del sostegno economico di tutti i governi e sotto tutte le bandiere: monarchica, repubblicana e persino di Salò. Centinaia di migliaia di miliardi di vecchie lire – decine di miliardi in euro – sono stati elargiti ai poveri mondialsiti Gianni Agnelli & Co (tra i co-fondatori del Club di Roma) "costo rottamazioni compreso" negli ultimi 115 anni, con "aspirazione" allegra di fondi pubblici pressocché illimitata. Quale storica azienda italica può fregiarsi ad oggi di un trattamento migliore? Ma soprattutto mi chiedo: alla luce degli ultimi risvolti: cui prodest? Mal viaggio, Capitan Marchionne! A lei ed alla sua disarmante ciurma di mercenari!
Borsa – l'amara consolazione di una beffa
"Poco male!", penserà qualcuno degli irriducibili ottimisti del web: "a noi – sosterrà il bensante dell'ultim'ora – resterà sempre il provvidenziale sollievo della "Borsa". Ma rispondiamo a costui (o a costoro) evitando battute volgari, con un semplice invito: leggere, studiare ed imparare davvero cosa siano le borse valori, sulla scia del grande insegnamento dell'indimenticato professor Giacinto Auriti.
Vincenzo Mannello (Copyright © 2014 Qui Europa)
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Approfondimento
di Sergio Basile – FIAT, Azioni e Borsa, Limiti e Inganni
Tratto da un articolo di "Qui europa" di Lunedì 28 luglio 2014
Cos'è davvero l'azione?
Cos'è l'azione o titolo azionario? Che cosa diventa? Auriti risponde a questi interrogativi fondamentali notando come l'azione non sia altro che un "simbolo nel quale vengono incorporati anche valori monetari che si aggiungono ai valori reali". Una convenzione che ricorda molto i "simboli-strumento" del passato.
A chi appartengono i pacchetti azionari? Alle banche!
Nei secoli le collettività per consuetudine monetaria usarono vari mezzi (oggetti o strumenti) per incorporare i valori monetari: oggetti come conchiglie, pelli, oro, argento erano considerati, per convenzione, simboli nei quali veniva incorporato il potere d'acquisto. Ad un certo punto tali strumenti convenzionali furono sostituiti e surrogati dalle monete… ed infine gli economisti e i fondatori del diritto societario moderno crearono gli strumenti dell'azione e del "pacchetto azionario": strumenti (convenzionali) dotati delle stesse caratteristiche di incorporabilità dei valori monetari. Auriti, in considerazione di ciò si interrogò sulla "bontà", sul funzionamento e sui reali benefi e beneficiari di questo meccanismo. In pratica egli si chiese chi fosse il proprietario "reale" e finale del pacchetto azionario. Questa la conclusione della sottile analisi auritiana: il pacchetto (e la ricchezza reale che esso rappresenta) in ultima istanza finisce nelle mani delle banche, legittimando un irrefrenabile processo di concentrazione delle ricchezze planetarie nelle mani di pochissimi individui che a loro volta governano i gruppi bancari. Si pensi ad esempio allo strapotere della famiglia di banchieri Rothschild: proprietari di gruppi bancari che a loro volta controllano nultinazionali che a loro volta controllano grandi s.p.a., intere nazioni e così via…
Borsa – un meccanismo anti-concorrenziale
Infatti il professor Auriti (vedi video giù in allegato) a supporto di questa tesi notò come le banche fossero diventate le maggiori azioniste di tutte le società quotate in borsa. Quindi il luogo di orientamento e destinazione di tali quote azionarie, chiamato "borsa", non era altro che un sistema (o luogo funzionale agli interessi dell'élite bancaria) ben congegnato all'interno del quale si creava un aumento di valore indotto con il semplice click di un PC al fine di permettere lo spossessamento reale delle ricchezze aziendali e societarie a vantaggio dei "pesci più grossi", che nell'oceano del libero mercato non avevano (e non hanno) alcun problema a divorare i pesci piccoli rappresentati dalle società. Altro che concorrenza dunque! Tutto il contrario! Alla luce di queste osservazioni, dunque, ci si accorge come interi manuali di economia e diritto societario andrebbero letteralmente distrutti e riscritti…(tratto da un articolo di "Qui Europa" del 28 luglio 2014 – vedi qui l'articolo integrale Il Trucco delle multinazionali svelato da Auriti e l’inganno della borsa)
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