Siamo ostaggi della grande finanza speculativa e nessuno lo dice

Lunedì, 4 giugno / 2018 

– di Matteo Mazzariol / Presidente Movimento Distributista Italiano – 

 Redazione Quieuropa, Matteo Mazzariol, schiavità finanziaria, sistema politico, distributismo 

Siamo ostaggi della grande finanza speculativa

e nessuno lo dice

Un mondo virtuale retto sull'usura e sulla speculazione,

che sommerge quello reale

 

 di Matteo Mazzariol / Presidente Movimento Distributista Italiano

OSTAGGI DELLA GRANDE FINANZA SPECULATIVA

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 Ostaggi della grande finanza speculativa             

Roma di Matteo Mazzariol –  Non so se vi ricordate il vecchio mito della caverna di Platone: secondo tale racconto gli uomini vivrebbero incatenati in una caverna, costretti a vedere le ombre degli oggetti reali proiettati sul fondo della caverna stessa e scambiando per realtà tali ombre, impossibilitati a volgere lo sguardo in direzione opposta, cioè verso il sole e la verità. Ecco, dopo aver letto un interessantissimo e documentatissimo quanto chiaro articolo apparso ieri sul giornale irlandese Sunday Indipedent, a firma di Paul Sommerville (vedi qui: The markets will bite back against ECB dinosaurs), il mio pensiero è corso immediatamente a tale reminiscenza degli studi umanistici, capace, con una sola immagine, di rendere bene lo stato attuale delle cose. Il giornalista irlandese infatti, dalla sua posizione di osservatore esterno delle vicende italiane, snocciola una serie di dati e di numeri che consentono di avere un quadro molto chiaro di quello che sta succedendo. Sommerville incomincia con l’esprimere una certa preoccupazione per la stabilità finanziaria della Germania, dicendo che la Deutsche Bank naviga in acque piuttosto precarie. Tale banca detiene infatti nella sua pancia ben 50.000 miliardi di euro in derivati – una cifra 21 volte superiore al debito pubblico italiano! – acquistati nel tentativo di realizzare facili profitti speculativi ma rivelatisi adesso un fattore di enorme vulnerabilità. Questo spiega perché alla fine del 2016 sembrò addirittura che la Deutsche Bank fosse sull’orlo del fallimento, fallimento evitato solo grazie ad una serie di operazioni di ricapitalizzazione sui mercati. Il giornalista continua con l’osservare che la maggior parte del debito pubblico italiano è posseduto non certo dalle famiglie del bel paese ed europee ma dalle grandi banche e dalle grandi istituzioni finanziarie, soprattutto tedesche e francesi: il 20% è posseduto dalla Banca Centrale Europea, il 35% da “investitori finanziari stranieri” e il 41% da istituzioni finanziarie italiane. La sua preoccupazione aumenta quando riferisce che anche il settore finanziario irlandese, soprattutto fondi pensione, possiede quantità non indifferenti del debito pubblico italiano.

 La truffa monetaria, oltre Summerville…            

Summerville quindi si sofferma sul ruolo della BCE in questo delicato momento. Riporta che il suo ruolo è  stato quello di creare denaro “out of thin air”, cioè “dal nulla” (aggiungiamo, "a debito dei cittadini", dato fondamentale per comprendere davvero le dimensioni della truffa monetaria – Ndr) , con cui comprare, tra le altre cose, titoli del debito italiano in modo da evitare il fallimento del nostro Stato. Questo in sostanza è il famoso “Quantitative Easing”, non altro. La cifra che Draghi ha finora creato dal nulla è di circa 4500 miliardi di euro, cioè circa il 40% dell’intero PIL europeo! Il fallimento dello Stato italiano, abbiamo visto, è considerato una terribile evenienza non tanto per le eventuali e tutte discutibili conseguenze negative su noi cittadini ma perché creerebbe un crollo dell’intero precario sistema finanziario europeo, descritto al momento con l’aggettivo “zombified”, “zombificato”. L’articolista cita poi i due principali partiti italiani – Lega e 5Stelle – ed il ruolo che hanno in questo frangente: di fronte al fallimento totale della politica economica europea queste due forze – secondo Sommerville – non hanno fatto altro che raccogliere il comprensibile disagio della popolazione. Ora andranno a premere in Europa per chiedere un alt alla politica di austerity e se dovessero ricevere un no è probabile che inneschino una crisi del sistema finanziario europeo così come lo conosciamo. Per questo oggi tutti gli occhi sono puntati sul nostro paese.

 Il mondo virtuale ed invisibile                              

Ricapitoliamo quindi: parallelamente all’economia reale – noi persone normali che ci alziamo ogni giorno per andare al lavoro, chi ce l’ha, e contribuire con la produzione di beni e servizi al bene comune – esiste un altro mondo, del tutto virtuale ed invisibile, quello del denaro e della finanza, che si trova in una condizione di estrema precarietà e fragilità. Tale mondo è controllato da pochi attori, coloro che hanno il monopolio totale dell’emissione monetaria, cioè banche centrali e, soprattutto, banche commerciali. Ricordiamo infatti che solo il 3% del denaro esistente viene creato dalle banche centrali mentre il rimanente 97% viene creato appunto dalle banche commerciali tramite il meccanismo della riserva frazionaria. Questo spiega perché la maggior parte di quei 4500 miliardi di euro creati dal nulla da Draghi sono finiti a tasso praticamente zero nella pancia delle banche, che li hanno utilizzati per stabilizzare i loro bilanci, dissennati dopo anni di speculazione fallimentare, e ricominciare ad indebitare la gente a tassi compresi tra il 3% ed il 12%.

 Appesi ad un filo                                                      

Da questo scenario oggettivo emerge che i bilanci degli Stati sono appesi ad un filo tenuto nelle mani dei grandi banchieri, i quali non rispondono a nessuno, tanto meno ai cittadini, e potrebbero, con una digitazione di computer, come hanno già fatto, vendere od acquistare i titoli pubblici dei vari Stati, determinandone la rovina o l’ascesa. Tale sistema decisamente perverso non si è creato dal nulla. Impossibile qui esporne in maniera esauriente la storia, menzionerò solo due tappe principali: 1)    27 luglio 1694: creazione della Banca d’Inghilterra. Banchieri privati, imprestando al re Guglielmo d’Orange 1 milione di sterline in oro, ottengono il privilegio di far diventare la moneta cartacea da loro prodotta moneta a corso legale. Da allora la sterlina diventò un debito dello Stato inglese e dei cittadini verso il sistema bancario privato e lo Stato inglese non riuscì più a liberarsi dal debito pubblico. 2) 23 dicembre 1913: dopo secoli di lotte con il potere politico, il sistema bancario riesce a creare negli Stati Uniti la Federal Reserve, una banca posseduta da privati con il monopolio dell’emissione monetaria, sul modello della Banca d’Inghilterra.

 Alcune domande fondamentali                             

Alcune riflessioni si impongono di fronte a questo scenario: 1) quale potere effettivo ha la politica oggi di incidere in maniera libera ed autonoma sulle nostre vite, se ogni decisione importante viene assunta in totale autonomia dai banchieri? 2) Perché i nostri politici non affrontano direttamente questo tema centrale e sostanziale, che ha enormi ripercussioni dirette sulle nostre vite ed impedisce lo sviluppo di un’economia prospera e stabile, generando anche l’incredibile disparità sociale che abbiano sotto i nostri occhi? 3) Perché i nostri valenti giornalisti più in vista – penso ai vari Enrico Mentana, Corrado Formigli, Lilly Gruber, Bruno Vespa, Bianca Berlinguer, Giovanni Floris, Lucia Annunziata solo per citarne alcuni – non utilizzano i mezzi a loro disposizione per informare gli italiani su questa realtà, facendo dei servizi che spieghino nel dettaglio quanto sta accadendo e soprattutto il semplice meccanismo sotteso a tutto il mondo finanziario, cioè il denaro-debito?

 La risposta distributista                                          

Come distributisti, una risposta parziale a queste domande l’abbiamo: perché il ceto dirigente italiano ed europeo oggi è succube rispetto al potere dei banchieri e viene anzi attentamente selezionato all’interno di Think Thank, associazioni apparentemente filantropiche finanziate e organizzate da quegli stessi banchieri che detengono il potere reale. Basta pensare ad associazioni quali il Gruppo Builderberg, l’Aspen Institute, il Club di Roma, l’Open Society, creati direttamente od indirettametne dalla grande finanza dei vari Rothschild, Rockefeller, Soros. Solo un esempio, l’Aspen Institute (https://en.wikipedia.org/wiki/Aspen_Institute). Fondato nel 1949 a Washington, esso è finanziato principalmente dalla Carnegie Foundation e dal Rockefeller Brothers Fund. Il suo scopo ufficioso  è quello di essere “forum” per una leadership basata sui valori e lo scambio di idee” (https://en.wikipedia.org/wiki/Aspen_Institute). L’Aspen Institute è diffuso praticamente in tutto il mondo. Nel Comitato Esecutivo dell’Aspen Institute Italia risultano tra gli altri (http://www.aspeninstitute.it/istituto/comunita-aspen/comitato-esecutivo): Luigi Abete, Giuliano Amato, Sergio Berlinguer, Gianni De Michelis, Franco Frattini, Gianni Letta, Emma Marcegaglia, Paolo Mieli, Mario Monti, Lorenzo Ornaghi, Romano Prodi, Francesco Profumo, Cesare Romiti, Carlo Scognamiglio, Marco Tronchetti Provera. L’attuale presidente è Giulio Tremonti, uno dei vice-presidenti Paolo Savona. Lucia Annunziata è il direttore responsabile di Aspenia, la rivista ufficiale dell’associazione. Che fare dunque?

 Quattro punti da cui ripartire                                

Il distributismo ha le idee ben chiare. Per prima cosa va informata l’opinione pubblica riguardo allo stato attuale delle cose. Bisogna uscire dalla caverna di Platone ed incominciare a guardare in faccia la realtà così com’è. Non ne deve uscire un gruppo sparuto di intellettuali ma tutto il popolo. In secondo luogo bisogno creare una classe dirigente che, sulla base di questi dati, sia in grado di proporre una visione totalmente alternativa ed una radicale riforma del sistema monetario-finanziario, in modo che la politica ritorni ad avere quei poteri che le consentano di perseguire il bene comune senza sottostare ai diktat dei banchieri e si possa ristabilire un minimo di equità, giustizia sociale e prosperità economica. Questa “pars costruens” è la vocazione principale del distributismo e quattro sono i pilastri della sua visione:
                                                                 1)   

             famiglia tradizionale al centro dello sviluppo economico-sociale
                                                                 2)   

     unione di capitale e lavoro e massima diffusione della proprietà produttiva
                                                                 3)   

restituzione di potere reale alla gente attraverso aggregazioni per comparto lavorativo

                 (gilde o corporazioni di arti e mestieri), contro la partitocrazia
                                                                 4)   

      Denaro libero da debito e di proprietà dei cittadini al momento dell’emissione

La strada per uscire da questa specie di incubo in cui siamo finiti quindi c’è, è semplice, ragionevole, lineare. Sta a noi imboccarla senza esitazione, nella convinzione che non si tratta altro che di intercettare il reale, subordinando al bene comune la finanza ed il denaro.

Matteo Mazzariol
Presidente MODIT (Movimento Distributista Italiano)

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