di Matteo Mazzariol / Presidente Movimento Distributista Italiano
Redazione Quieuropa, Movimento Distributista, Chesterton, Matteo Mazzariol, corporazioni
La svolta distributista: la necessità di restituire
il potere reale alla gente
Il bluff delle moderne democrazie: cosa lo regge in piedi
di Matteo Mazzariol / Presidente Movimento Distributista Italiano
Stato di Democrazia fasulla
Roma – di Matteo Mazzariol – Ormai è un dato che tutti considerano scontato: quella in cui viviamo non è una vera democrazia, ma una democrazia fasulla, in cui il potere reale è ben lungi dall'essere posseduto dal popolo ma si trova saldamente nelle mani di un ristretta oligarchia economico-finanziaria. Questa oligarchia finanziaria non è una realtà fumosa e vaga ma ha un volto ben preciso: secondo la rivista Fortune la famiglia Rotschild, per esempio, possiede il patrimonio di maggioranza delle 500 multinazionali mondiali (1). Il cittadino medio quindi assiste impotente ad un processo di cui è vittima sacrificale designata: la costante perdita di potere sia in termini economici sia in termini politici. Impotente, perchè
ciò che gli viene ripetuto come un mantra
è che il sistema partitico
è il migliore sistema possibile di rappresentanza,
l'unico che possa realizzare una vera democrazia:
altri non ce ne sono (??).
La realtà è ben diversa. Come avevano brillantemente fatto notare nel 1913 i distributisti inglesi Belloc e Chesterton nel libro “Partitocrazia” (“Partitocrazia”, ed Rubbettino, 2014),
il sistema partitico costituisce invece
lo strumento ideale di controllo pressochè totale della politica
da parte della grande finanza.
(1) Cfr.: Le famiglie più potenti del mondo: patrimoni, storie e curiosità
Un sistema elusivo e corrotto
Il rapporto tra il singolo cittadino ed il parlamentare eletto è infatti quanto di più elusivo possa esistere, mentre le illimitate somme di denaro possedute dall'oligarchia finanziaria si rivelano immancabilmente una forza corruttiva ed cogente in grado di aprire praticamente ogni porta e di vincere ogni resistenza. Basti fare un semplice ragionamento:
ogni campagna elettorale ha un costo.
Negli Stati Uniti le grandi banche internazionali rappresentano il principale donatore di fondi ai candidati di entrambi i partiti repubblicani e democratici (2). Saranno in grado pertanto i candidati, una volta eletti, di tutelare gli interessi dei cittadini rispetto a quelli delle banche? Ognuno tragga le debite conclusioni. Questo spiega perché le legittime attese di un cambiamento reale negli ultimi 70 anni siano andate regolarmente deluse. Che fare dunque? Un'analisi della situazione basata sul buon senso e sulla ragionevolezza, al di là di ogni sterile divisione ideologica, impone la presa di coscienza che quello che non funziona non è questo o quel partito, questo o quel presidente del consiglio, questo o quel sistema elettorale ma il sistema partitico stesso. Il distributismo (3) afferma in maniera molto netta che
è ora di invertire marcia
e dar vita ad un sistema in cui i cittadini, le famiglie
ridiventino i principali depositari del potere reale.
(2) Cfr.: Duello Trump-Clinton: la Grande Farsa; (3) Cfr.: Distributismo – Wikipedia
Chi ha davvero potere?
Per far questo c'è un unico modo: seguire appunto il senso comune e la ragionevolezza e mettere da parte le inutili ideologie. Il senso comune ci dice che ha potere non chi, una volta ogni 5 anni, infila in un'urna un foglietto bianco con una crocetta, ma
ha potere chi può partecipare alle decisioni
di tutte le concrete questioni importanti
che riguardano la propria sfera socio-lavorativa;
ha potere non chi dipende per il proprio sostentamento economico da scelte prese da oscuri burocrati ma
ha potere
chi è in grado di mantenersi da solo,
grazie alla propria capacità lavorativa e d'iniziativa.
Distributismo e sistema corporativo
Questo sistema, che tutte le persone di buona volontà riconoscono come il più naturale ed il più confacente al desiderio di libertà della natura umana, si chiama in un solo nome: sistema corporativo.
Il sistema corporativo si basa su un assunto molto semplice:
aggregare le persone per comparto lavorativo
e dare ad esse la massima autonomia e libertà di gestire
nei vari territori la propria vita economico-sociale,
stabilendo regole condivise finalizzate alla stabilità e prosperità generale.
La visione corporativa proposta dal distributismo ha alla sua radice una visione dell'uomo che non è l“homo hominis lupus” di hobbesiana memoria. Per il distributismo l'uomo è un essere per natura sociale e gli scambi e le relazioni virtuose che ha con il prossimo rappresentano un importantissimo, se non il principale strumento della sua realizzazione. Ciò di cui quindi abbiamo disperatamente bisogno oggi è una decisa e risoluta svolta corporativa, che incominci a stabilire forti legami solidari nei vari territori tra persone che condividono gli stessi ambiti lavorativi. Non importa quale sia il nome di tali aggregazioni: possiamo chiamarle corporazioni o gilde o sodalizi occupazionali. L'importante è che esse si costituiscano ed incomincino a ridare al lavoro ed alla capacità dei singoli quella forza rappresentativa che è andata persa nei secoli.
Corporazioni, non sindacati!
Le corporazioni si distinguono dai sindacati perchè il loro scopo non è la mera rivendicazione di diritti nei confronti del “padrone” di turno ma l'incontro di tanti piccoli “padroni” che intendono tenacemente mantenere la proprietà dei mezzi di produzione e discutere insieme tutti gli aspetti della loro attività socio-lavorativa: la qualità dei prodotti o servizi forniti, le questioni deontologiche, previdenziali, assistenziali, fiscali, formative e quant'altro.
La corporazione non è il luogo di riunione di una classe sociale
ma l'incontro di diverse classi sociali che condividono tra di loro
la stessa funzione lavorativa, se pur con ruoli e responsabilità diversi.
Il legame tra i membri della corporazione non è la mera rivendicazione settoriale ma la comune partecipazione ad un'opera, ad un lavoro, ad una funzione sociale. In sintesi:
la corporazione è la strada obbligata da seguire
per pervenire insieme ad una piena umanizzazione dell'attività lavorativa
ed al ristabilirsi di un livello adeguato di giustizia sociale.
Purtroppo oggi nell'immaginario collettivo il termine “corporazione” viene associato ad una serie di fenomeni sociali negativi, a circoli chiusi avidamente votati al perseguimento dell'interesse di casta, siano essi dei corpi professionali o delle associazioni di multinazionali. La “corporazione” dal sistema capitalista viene così intesa come il nemico giurato della libertà economica e d'iniziativa, un "residuo di Medioevo" da abbattere e sulle cui ceneri costruire le “magnifiche sorti e progressive dell'umanità”. Anche qui, niente di più falso. In realtà
il sistema corporativo costituisce
la più granitica garanzia della libertà economica e d'iniziativa,
perchè per definizione previene e combatte la tendenza monopolistica
della grande finanza e del grande business,
stabilendo regole e codici comportamentali che consentano
la massima possibile diffusione della proprietà produttiva
e quindi del benessere economico.
Corporazioni, non capitalismo!
All'opposto, è proprio invece il capitalismo, dove
per capitalismo si intende quel
sistema che favorisce la separazione tra capitale e lavoro,
a sfociare, come possiamo osservare con i nostri occhi,
in un sistema fortemente monopolistico e squilibrato,
in cui la libertà dei singoli non trova più via di espressione.
La mancanza di regole del liberal-capitalismo non rappresenta altro che l'affermazione della legge del più forte e la perdita della libertà dei più. Non a caso i due sistemi che hanno dominato gli ultimi 70 anni
capitalismo e social-comunismo, lungi dal contrapporsi,
hanno entrambi favorito un modello di società in cui il potere reale
confluisce nelle mani di pochi:
l'elite economico-finaziaria nel caso del capitalismo,
l'apparato burocratico di partito nel caso del social-comunismo.
Stato Servile: la diabolica convergenza
Ultimamente (negli ultimi decenni – Ndr) stiamo assistendo alla perversa alleanza di questi due sistemi: il capitalismo, attraverso il monopolio assoluto della produzione di denaro-debito, utilizza lo Stato come braccio armato per la riscossione dei propri crediti ed in cambio fornisce una lauta ricompensa alla casta dei burocrati statali (d'ispirazione social-comunista, ma anche repubblicana, federalista, radicale, europeista in genere, ecc.. – Ndr) .
Belloc e Chesterton, circa un secolo fa,
già profeticamente indicavano nello Stato Servile
l'esito ultimo di capitalismo e social-comunismo.
Per non ripetere gli errori del passato, si impone quindi, oggi più che mai, una svolta corporativa, una svolta che consenta di restituire alla gente il potere che gli spetta. Tale svolta è assolutamente necessaria e si integra perfettamente con gli altri tre fondamentali punti della proposta distributista: 1) il ritorno ad una reale indipendenza economica dell'istituzione familiare; 2) la riunione tra capitale e lavoro; 3) il ritorno della proprietà del denaro al momento dell'emissione direttamente ai cittadini (vedi proposta auritiana della Proprietà Popolare della Moneta e del Reddito di cittadinanza a credito – Ndr)
Matteo Mazzariol (Copyright © 2016 Qui Europa)
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