L’Irlanda cade nel trappolone Ue sul Fiscal Compact – La ratifica in cambio dei Fondi Ue

Martedì, Giugno 5th / 2012  

– di Sergio Basile – 

Irlanda / Dublino / Unione europea / Referendum / Risultato elettorale / Fiscal Compact / Patto di Bilancio / Ricatto Ue / Astensionismo / Minaccia sospensione fondi europei / Austerità / Eurodeputati / Manuel Barroso / Herman Van Rompuy / Enda Kenny / Leader gruppi parlamentari all'Europarlamento / Trappolone / Mes / Eurobond / Debtocracy  / Consiglio Ue / Eurovertice di Giugno  / Sergio Basile / Qui Europa / Europa / Eurocasta / Nuovo Ordine Europeo / Casta di illuminati tecnocrati / Annientamento della sovranità degli stati dell'Unione 

Fiscal Compact – L'Irlanda cade nel trappolone Ue:

"La ratifica in cambio dei Fondi Ue"

Esulta l'eurocasta: ora avrete fondi Ue e "Aiuti a interesse"

Il punto nel prossimo Consiglio Ue di Giugno

Dublino, Bruxelles – Che i referendum sulle questioni europee fossero storicamente freddi e poco partecipati, non era un mistero, ma francamente il 50% di affluenza presso le urne irlandesi non sarà un dato destinato ad entrare nella storia, ed in controtendenza con tale trend. Ciò soprattutto se si considera che si votava sulla ratifica del patto sul pareggio di bilancio nei paesi Ue. Un voto, tuttavia, pesantemente condizionato dalle minacce su presunti tagli sui finanziamenti comunitari avanzate da Bruxelles fin dalle scorse settimane. In ballo, infatti – in caso di rigetto della misura di austerity – c'era addirittura il timore di non potere più usufruire dei suddetti fondi. In parole povere il concetto caldeggiato da Bruxelles era: "se non ci votate, vi tagliamo in viveri!".

  La trappola – Sulla via di una crescita impossibile  

E alla fine il partito dell'austerity e del taglio dei servizi statali ha vinto, sia pur lasciando con l'amaro in bocca milioni di cittadini che, non solo non riescono e non riusciranno ad accedere ai fondi, per motivi burocratici o di sostenibilità progettuale, ma che – a quanto pare – quando il Consiglio Ue avrà incamerato altri nulla-osta in merito, dovranno accettare senza alcuna forma di rivendicazione, l'istituzionalizzazione del pareggio di bilancio, con tutti gli annessi e connessi effetti collaterali: abbassamento radicale del livello dei servizi statali forniti; abolizione sostanziale del deficit spending e tassazione progressiva che andrà a sormontare il livello di "benefici e servizi" che lo stato centrale andrà via via elargendo a ritmi sempre più blandi. A promunziarsi per il si – dietro le promesse di una "miracolistica" (quanto improbabile) crescita piovute con abbondanza dalla maggior parte dei media nazionali, e dallo stesso partito retto dal premier irlandese di centro-destra, Enda Kenny – circa 800 mila elettori. Il voto favorevole al fiscal compact ha trovato ovviamente il plauso del Parlamento europeo. Ma facili entusiasmi a parte – o cocenti delusioni: dipende dai punti di vista – ora sarà interessante vedere come il Consiglio europeo riuscirà a sposare il taglio del deficit spending incorporato nel fiscal compact con le misure per la crescita economica e senza pesare ulteriormente sulle già dissestate economie familiari. Dunque all'orizzonte va delineandosi un panorama di "lacrime e sangue" anche per gli amici Irlandesi. E la Grecia ne è un valido esempio. 

  La trappola – Facili entusiasmi e simpatie mercatiste  

Grande entusiasmo – ispirato evidentemente da innegabili ed evidenti simpatie mercatiste – è stato espresso – in particolare – dal presidente del Partito Popolare Europeo (Ppe), l'eurodeputato Wilfried Martens, secondo il quale ''l'adozione del Trattato darà una significativa spinta alla ripresa dell'economia dal momento che molti investitori vedono in esso la base per la stabilità  dell'ambiente del business: una vera e propria  sicurezza per gli investimenti di lungo termine''. Dunque pare già tutto scritto per la costruzione di una nuova Europa ad immagine e somiglianza del dio mercato. Viste le premesse c'è da stare davvero tranquilli, almeno ciòsarà ana magra ed agro-dolce consolazione per gli amici greci, che ben presto saranno in "buona compagnia".

  La crescita? Dovrà dipendere solo dal mercato. Stato addio  

Contraddittori anche i commenti dei capogruppi dei socialisti-democratici (S&D), e dei liberal-democratici (Alde) – rispettivamente Hannes Swoboda e Guy Verhofstadt – che dopo aver osannato il responso referendario irlandese, parlando esplicitamente di ''scelta responsabile'' hanno auspicato che i 27  leader Ue, nel prossimo Consiglio europeo di Giugno possano invertire la direzione verso la pericolosa china presa dall'Eurozona,  puntando verso crescita e lavoro. Una crescita che però, per statuto ( e per decisione dello stesso "Fiscal Compact") non potrà più venire dalla macchina statale (mandata nei fatti in pensione forzata) ma bensì dalla sola speculazione privata. Sembra che la Reaganomics Usa, dopo 30 anni, sia giunta prepotentemente anche nel Vecchio Continente.

  Nell'Eurovertice di giugno Debtocracy sarà una certezza  

Ciliegina sulla torta di questo "Nuovo Ordine Europeo", saranno presumibilmente gli eurobond (o project-bond: giusto per creare nuove esplosive cambiali a scadenza) nonché l'istituzionalizzazione dell'accesso all'Esm (Fondo Salva stati permanente o Mes): trappolone del quale i giornalisti della redazione di "Qui Europa" hanno ampliamente parlato (vedi articoli in archivio, e video in Galleria Multimediale) che stando ai "proclami propagandistici dell'euro-casta" dovrebbe constare nella richiesta e  nell'ottenimento – ad un tasso di interesse ben definito e tutt'altro che irrisorio, s'intende –  di aiuti per far fronte alla (dilagante ed assurda) crisi (come ampliamente dimostrato "pilotata" – vedi articolo sul rating pubblicato Domenica 3 giugno) dell'Eurozona. Ma che nei fatti si traduce in una sostanziale e rivoluzionaria compressione dell'autonomia finanziaria, fiscale ed economica degli Stati ormai non più sovrani e degli stessi cittadini, in un "Vecchio Continente" ribattezzato "Debtocracy", a retto da una casta di "illuminati"  tecnocrati. Alla luce di ciò possiamo considerare il voto irlandese – che poi nei fatti ha stranamente disatteso i sondaggi iniziali e la voglia di autonomia del glorioso popolo d'Irlanda – come una grossa opportunità mancata: un appuntamento con la storia, mancato. Vedremo ora cosa accadrà con i "capitoli" eurobond e MES: gli ultimi nastrini colorati ad un "euro-pacco" già confezionato ad arte.

Sergio Basile (Copyright © 2012 Qui Europa)

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