La Crisi Economica e Sociale dell’Ue: analisi e prospettive di una studentessa del Mezzogiorno

Giovedì, Giugno 7th / 2012

– di Federica Santoro –

 

Articolo selezionato nell'ambito del concorso interscolastico lanciato dal

quotidiano "Qui Europa" tra gli studenti delle quarte e quinte classi 

degli Istituti d'Istruzione Secondaria Superiore di Catanzaro sul tema

"La crisi Economica e Sociale dell'Ue: Analisi e Prospettive " in occasione

del Convegno Nazionale Organizzato presso l'Ateneo UMG di Catanzaro

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La Crisi Economica e Sociale dell’Ue: prospettive

e analisi di una "studentessa disillusa" 

di Federica Santoro 

Liceo Linguistico "E. Fermi", Catanzaro Lido

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Europa, Italia – 2012: finirà davvero il mondo o cambierà semplicemente la storia di questo debole e malato Paese? Leggendo un giornale o guardando una qualunque rete televisiva, ci si rende conto che c’è qualcosa che non va. Si parla continuamente di crisi, di mercati e di termini come spread, che fino a meno di un anno fa nessun cittadino comune conosceva. La crisi economica è “ sulla bocca di tutti” e si percepisce sempre di più nelle difficoltà giornaliere delle famiglie in Italia e non solo. Ma cos’è questa crisi in realtà? Perché tocca tutti in modo così profondo? In realtà è nato tutto negli Stati Uniti, che sono la patria dell’economia e della finanza mondiale. Dopo la grande depressione del 1929 ci furono conseguenze devastanti  in tutto il mondo, sia nei paesi industrializzati che in quelli esportatori di materie prime. Il commercio internazionale diminuì considerevolmente, così come i redditi dei lavoratori, il reddito fiscale, i prezzi e i profitti. Il motivo principale dell'avvio ci tutto questo? Un sistema finanziario senza alcuna regola!

 Le politiche liberiste di Reagan e Thatcher  

Nel 1932 con l’elezione di Roosevelt vennero adottati dei provvedimenti particolari per evitare – si disse così – che ci fossero speculazioni capaci di distruggere nuovamente l’economia e impoverire la popolazione. Ma la vera e propria crisi del sistema finanziario, durante il Novecento, conobbe una sensibilissima impennata nel dopoguerra, e precisamente tra gli Anni Settanta, con la diffusione su larga scala della "moda" delle teorie  iperliberiste ed anarco-capitaliste. Ciò accelerò, e di molto, tutti i processi di globalizzazione finanziaria, e passo passo economica e politica. Una nuova potente ondata di deregulation si ebbe poi negli anni Ottanta, negli Usa come in Europa, a causa delle politiche liberiste di Ronald Reagan e Margaret Thatcher. Cio a causa delle forti pressioni che le multinazionali fecero ai governi susseguitisi non solo in America, ma in tutti i paesi satellite: tutti favorevoli a concedere alle multinazionali sempre maggiori poteri, con il progressivo abbattimento di tutti i dazi doganali e le barriere al libero scambio. Esse, grazie a vari fenomeni collusivi, e grazie a nuove idee che andarono diffondendosi nelle università americane, riuscirono nel loro intento: ciò, sostenere più o meno credibilmente che il mondo non fosse più quello degli Anni ’20 e che poteva quindi convertirsi senza problemi a quel tipo di finanza. 

  Il seme della deregulation e il "Piano delle privatizzazioni" 

Così la deregolamentazione che ha permesso il ritorno della speculazione finanziaria ha riavuto inizio, e le sue regole si sono diffuse in tutto il mondo essendo l’economia divenuta "globale". Attualmente si calcola che per ogni dollaro di economia reale, ci sono "quaranta dollari di finanza su finanza". Una patologia del sistema economico, dove pochi si arricchiscono a danno di moltissimi altri che si impoveriscono. La crisi economica del 2008-2012 è scoppiata invece, come noto, primi mesi del 2008 in tutto il mondo in seguito a perversi effetti, sempre di natura finanziaria, originatisi sempre negli Stati Uniti con la crisi dei prestiti finanziari detti  "Mutui Sub Prime". Tra i principali effeti della crisi figurarono gli alti prezzi delle materie prime (petrolio in primis), una crisi alimentare mondiale, un’elevata inflazione globale, la minaccia di una recessione in tutto il mondo, una crisi creditizia con conseguente crollo di fiducia dei mercati borsistici. E ciò malgrado, dunque, i miliardi di euro "regalati" alle banche europee dalla Bce.  Ma, in Europa, a tali effetti si unirono altri fattori destabilizzanti di non inferiore portata: 1) L’Art. 123 del Trattato di Lisbona che obbliga gli stati a rifinanziarsi sui mercati internazionali (cioè ad acquistare il denaro “proprio”): causa prima dello scoppio incontrollato del debito pubblico su scala continentale (vedi archivio "Qui Europa"); 2) La privatizzazione della Banche Centrali Nazionali: in Italia permessa dal Decreto Carli-Amato del 1992 (vedi archivio "Qui Europa"); 3) Il piano di privatizzazioni e liberalizzazioni avviato a porte chiuse il 2 giugno del 1992 in Italia, sotto la regia dell'ex Governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi,  sulla nave inglese Britannia, panfilo di Elisabetta II, in cui vennero  illustrati i piani di privatizzazione delle industrie statali italiane ad alcuni dei maggiori personaggi della finanza (vedi riferimenti in "Qui Europa"). "Il Britannia – come scrisse Massimo Gaggi, giornalista de Il Corriere della Sera, che era a bordo – giunse  di fronte a Civitavecchia con tutti i banchieri della City, intimando le condizioni della finanza anglo-italiana sullo smantellamento delle partecipazioni statali": una grandissima torta da 100 mila miliardi. Tra i presenti anche Mario Draghi (allora era direttore del Tesoro, prima di finire a capo della Banca d'Italia e, poi, della Bce)  i dirigenti dell'ENI, dell'AGIP, dell'IRI, dell'Ambroveneto, del Creditoop, della Comit, delle Generali e della Società Autostrade, ed altri personaggi "importanti" del giornalismo italiano e della politica,  tra cui Rainer Masera, Giovanni Barzoli e Beneamino Andreatta (combinazione ministro nei governi Amato, Ciampi e Prodi). Tra i "privatizzatori" più attivi in quegli anni bui, spuntarono nomi eccellenti, tra i quali Ciampi, lo stesso Draghi e Romano Prodi: ex-consulente  della Goldman Sachs (nonchè presidente dell'IRI per ben due volte). Sicuramente uno dei protagonisti della svendita italiana. In tredici anni decine e decine di grosse aziende italiane passarono in mani straniere: Buitoni, Invernizzi, Locatelli e Ferrarelle solo per citarne alcune. Emorragina proseguita a passi da gigante con l'attuale governo "tecnico".

  Voce di una studentessa appassionata ma "senza futuro" :

  "Ci stanno portando alla distruzione di tutti gli equilibri"  

La proliferazione della speculazione finanziaria continuò, in aggiunta, attraverso una sempre maggiore diffusione di strumenti derivati ed operazioni off-shore (vedi archivio "Qui Europa"). Ma evidentemente, la questione che preoccupa di più noi giovani e studenti (disoccupati e senza futuro) è chi ci governa. Il nostro Premier Monti, per "cercare di risolvere la situazione", invece di tornare ad una normativa seria e ferrea che disciplina la politica, la finanza e l’economia, sta inondando di tasse la popolazione e la sta privando di diritti essenziali.Diritti che tutti noi abbiamo ottenuto dopo lotte lunghe decenni. Recentemente abbiamo assistito ai lunghi dibattiti  sull’art.18 per i cambiamenti dello Statuto dei Lavoratori. E' stato chiesto (e "facilmente ottenuto")  – in nome della crescita – al popolo di rinunciare ai diritti sul lavoro. Non solo: viene chiesto di lavorare di più a stipendi sempre più bassi, e considerando che le tasse, i beni di consumo primari, come cibo e carburanti aumentano, si arriverà ad un punto in cui tutto questo non sarà più sostenibile, soprattutto perché la disoccupazione aumenta sempre più, le aziende continuano a chiudere, le banche non prestano più soldi alla gente e alle aziende. Questa è una spirale…se non si cambieranno le regole del sistema e non si ripristinerà la legalità, si distruggeranno tutti gli equilibri su cui le società moderne si basano. C’è solo da pretendere che si prendano i giusti provvedimenti per sistemare la situazione in Italia e nel mondo e soprattutto di assottigliare le disparità tra ricchi e poveri. Solo con un giusto equilibrio le persone non si sentiranno vittime delle ingiustizie che stiamo tutti vivendo in questi anni e la nostra società potrà migliorare. Ma in questo noi giovani abbiamo un ruolo essenziale. Dobbiamo capire in chiave critica ciò che accade sotto al nostro naso e ciò che i giornali e le tv non dicono o distorcono. Le uniche armi a disposizione sono la disillusione, la consapevolezza, il voto e pa pressione politica.

  Un esame di coscienza  

D'altra parte è bene pensare che la crisi finanziaria odierna rappresenti, paradossalmente, un’opportunità per tutti noi per ripensare al nostro sistema di vita che tende al consumo sfrenato, all’euforia ingiustificata di possedere e spendere sempre di più; all’indebitamento sconsiderato del “prendi subito, paga dopo”. E’ il momento di chiedersi se questa economia basata sempre su nuovi bisogni indotti dall’industria e sulla crescita perenne del Pil (Prodotto Interno Lordo) sia l’unica economia praticabile o piuttosto non dobbiamo imparare a rimodulare il nostro modo di produrre e i nostri desideri. Forse la depressione economica e psicologica di questi giorni, contrastando la maniacalità produttiva e consumistica propagandata dalle élite al potere, può davvero aiutarci a riflettere seriamente e a ritrovare noi stessi?

Federica Santoro

Liceo linguistico “E. Fermi” Catanzaro Lido

 

 

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