Eurocamera: prove di Tobin Tax – Le nebbie della City

Giovedì, Maggio 24th / 2012

– di Sergio Basile –

Parlamento europeo / Strasburgo / Risoluzione / Seduta plenaria / Finanza / Tassazione delle transazioni finanziarie / Tobin Tax / Speculazione / Operazioni azionarie / Obbligazioni / Derivati / Operazioni off-shore / Sul terreno dei lobbisti / Pericolo di abbandono dei mercati europei / Il più grande mercato finanziario del mondo / City di Londra / Wall Street / Consiglio europeo / Tagliare le unghie alla finanza / Adesione con ipotesi di procedura rafforzata / Principio di Residenza / Principio di Emissione / Evasione fiscale / Iter di approvazione / Commissione europea  / Sergio Basile / Qui Europa / Europa  / Crisi Ue  

All’Europarlamento prove generali di Tobin Tax

Approvata a Strasburgo la Risoluzione sulla TTF:

la tassa sulle discusse transazioni finanziarie

Aliquota della Tax? Piuttosto irrisoria!

La minaccia dei lobbisti della City:“se ci tassano ce ne andiamo!”

Strasburgo – Nella giornata di ieri, il Parlamento europeo in seduta plenaria ha esaminato e votato una delicatissima questione, della quale si dibatte ormai da due anni a questa parte in tutto il Vecchio Continente, e – con umori piuttosto contrari ed aspri – soprattutto tra i lobbisti della City di Londra: quella della tassazione sulle transazioni finanziarie (o TTF). Evoluzione della più nota Tobin tax: tassa che, secondo  Eurobarometro,  sarebbe vista con favore da 7 europei su 10. La tassa sulle transazioni finanziarie, così come proposta – secondo quanto emerso all’interno dell’emiciclo di Strasburgo – “dovrebbe essere migliorata per garantire una copertura più ampia e rendere svantaggiosa l’evasione”. Il testo votato, in pratica propone di proseguire col progetto legislativo anche qualora lo stesso fosse sostenuto solamente da alcuni Stati membri dell’Ue.  I deputati hanno ritenuto adeguate le – per la verità piuttosto risicate – aliquote fiscali proposte dalla Commissione (0,1% per azioni e obbligazioni e 0,01% per i discussi derivati) ed hanno proposto la sola esclusione dei fondi pensione: gli unici prodotti finanziari, dunque, che dovrebbero essere esentati dalla TTF. Secondo Anni Podimata (S&D, EL), la relatrice della risoluzione “non legislativa” – adottata con 487 voti a favore, 152 contrari e 46 astensioni – “la Ttf rappresenta una parte integrante della strategia per uscire dalla crisi, e porterà ad una distribuzione più equa del peso della stessa. La Ttf – ha continuato la relatrice – non causerà una ri-localizzazione al di fuori dell’Ue, poiché il costo di quest’ultima è superiore al pagamento della tassa. (…) La scelta eventuale di lasciare che il settore finanziario non partecipi maggiormente al peso della crisi – ha concluso – sarebbe una decisione contraria a ogni logica politica”.

  Sul terreno dei lobbisti  

Dopo due anni di chiacchiere, dunque, forse qualcosa si tangibile e sostanziale si muove in Europa, sul versante dell’odiata finanza, e sul  tanto odiato terreno caro ai lobbisti ed agli speculatori della City di Londra, spalleggiato dallo stesso governo Cameron, e non solo. Ma analizzando nello specifico i tratti salienti e gli effetti della tassa, in effetti, sarebbe piuttosto utopistico pensare che la Tobin tax possa applicarsi in tutto il globo. Certo, ciò sarebbe largamente auspicabile: eviterebbe il formarsi di zone franche che farebbero fare inevitabilmente – come il miele con le mosche – da attrattiva naturale per gli investitori, ma è pur vero che da qualche parte si deve iniziare. Pertanto, nostro malgrado – ed in attesa che negli altri continenti tale rivoluzionaria riforma possa essere accettata dai vari governi – non ci resta che mandare in soffitta l’idea secondo la quale affinché la tassa possa funzionare la TTF debba essere da subito una “global tax”. Da una parte è meglio tassare gli speculatori, che rischiare fughe di capitali verso i paesi che non la applicano, che restare a guardare. Ciò pur riconoscendo che il vero problema non è tassare, quanto piuttosto vietare le transazioni di elementi speculativi e destabilizzanti come i derivati, le operazioni off-shore o le immorali operazioni over-night. Per non parlare poi dell’assurda regola legittimata dall’art. 123 del Trattato di Lisbona, che obbliga gli stati a rifinanziarsi sui mercati internazionali a tassi altissimi (da usura). Ma questa è un’altra “triste” e “pazzesca” storia che abbiamo più volte raccontato (Vedi in archivio “Qui Europa” – Banche e Finanza). Dunque, appurata e mal digerita la spudorata e veemente opposizione della City di Londra e dei  suoi vampireschi colossi finanziari che vi “satellitano” intorno, il punto è che la tassa si potrebbe applicare fin da subito nell’Eurozona, con un particolare riguardo – ovviamente – ai paesi in crisi nera, cioè quelli posti sotto attacco dei gran maestri del rating (ovvero i Piigs Portogallo, Irlanda, Itaia, Grecia e Spagna) e già duramente provati (soprattutto l’Italia e la Grecia) da disumane misure recessive e livelli di tassazione da “record del mondo”.

  I centri della speculazione: Londra e New York  

Ma per comprendere meglio gli ambiti di competenza, è utile comprendere come nel mondo i mercati finanziari si muovano principalmente su due ciclopiche basi telematiche, quali la City di Londra e Wall Street negli Usa. Gran parte degli strumenti finanziari del pianeta passano ogni giorno da questi due grandi panieri di scambio. Pertanto, in teoria, anche bassi livelli di tassazione sarebbero utili a contenere entro certi margini la terribile speculazione. Almeno quella a brevissimo termine.

  La grande abbuffata delle transazioni  

Ad esempio – per restare sul pratico – nel grande gozzovigliare delle transazioni finanziarie internazionali, su un capitale di 150 milioni di milioni di euro, oggetto di scambio, anche con un tasso dello 0,001% si avrebbero 15 miliardi di Euro di gettito. Si tratta comunque di una bella fetta di torta, nella “pasticceria della finanza”. Per un paese come l’Italia, ad esempio, potrebbero essere incamerati qualcosa come 5 miliardi di euro l’anno, anche se – evidentemente – è piuttosto paradossale ritenere che un modesto 0,001% possa rappresentare un realistico ed efficace freno alla speculazione.

Le modalità degli scambi – Speculazioni automatiche in un click

Un altro punto da chiarire riguarda le modalità con cui avvengono tali scambi. Pochi sanno, in realtà, che le transazioni finanziarie sono pilotate e veicolate da alcuni grandi computer che automaticamente speculano in millesimi di secondo sull’arbitraggio tra i margini di valore di titoli uguali (o monete) presenti nello stesso momento su piazze del globo differenti. Pertanto, anche guadagni millesimali potrebbero, se tassati, generare importanti redditi da sottrarre – in parte – alle avide tasche della speculazione internazionale, retta a livello mondiale – e bene ricordarlo – da poche e celeberrime famiglie di banchieri, delle quali i Rothschild rappresentano, da secoli, la casta più emblematica, almeno all’interno del panorama europeo.

  L’oggetto della Tax  

La disputa sull’oggetto delle transazioni ha visto nei mesi scorsi rincorrersi varie opzioni e scenari. Che tipo di transazioni valutarie coinvolgere? E’ stata la domanda più ricorrente tra gli esperti di settore e tra molti economisti di mezz’Europa. Secondo una delle ipotesi più accreditate, invero,  sarebbe stato opportuno tassare indistintamente tutti i titoli finanziari, comprese azioni e obbligazioni,  nonché i famigerati ed iniqui derivati: tra le principali cause dello sconquasso economico del pianeta e che ha impantanato il sistema economico europeo, travolto dalla speculazione. Ma essi, i derivati, più che tassati andrebbero piuttosto definitivamente banditi. Ma questo – almeno per ora – non sembra turbare il sonno dei nostri euro-tencocrati. Anzi!

  Il problema dei derivati e delle operazioni “off-shore”  

Oggi molte operazioni speculative – come ormai i nostri lettori avranno avuto modo di comprendere – si generano attraverso passaggi spesso occulti, o comunque travagliati e lunghi. Definire il valore di tali operazioni non è, dunque, né facile né immediato, poiché esse – e lo dice la parola stessa – derivano dal risultato di altri prodotti finanziari, le cui sorti si legano, sommano e confondono, come scatole cinesi, perdendosi tra le pieghe contorte dell’ingegneria finanziaria. Un altro grave elemento di confusione e di destabilizzazione, sta nel fatto che la quasi totalità di tali contratti derivati è oggetto di transazioni che avvengono fuori dai mercati borsistici regolamentati, ed in più avvengono senza trasparenza: in quelle che si dicono “operazioni off-shore”. Ma gli effetti nocivi sull’economia reale, quelli no! Quelli sono reali.

 La novità del “Principio di Emissione”  

Il Parlamento, ieri, ha proposto di aggiungere al progetto della Commissione il “principio di emissione”, al fine di obbligare anche le istituzioni finanziarie con sede fuori dalla zona TTF a pagare la tassa, nel caso commerciassero titoli originariamente emessi all’interno della zona medesima.

  Un esempio pratico  

Ad esempio, azioni dellaTelecom, emesse originariamente in Italia e commerciate fra un’istituzione svizzera ed una di New York sarebbero comunque soggette alla tassa. Secondo la proposta della Commissione di Barroso, invece, tali transazioni avrebbero eluso la tassa, poiché sarebbero state coinvolte solo le istituzioni finanziarie con sede nella zona TTF.

  Il “Principio di Residenza”  

Inoltre, il principio di residenza (che colpisce l’ente che commercializza prodotti finanziari all’interno della cosiddetta “tax-zone”) già previsto nella “precedente” bozza di testo della Commissione, secondo i deputati europei votanti, andrebbe mantenuto in modo da coinvolgere e colpire anche i prodotti finanziari emessi fuori dalla zona TTF, ma commercializzati da almeno un  ente avente sede legale all'interno della zona.

  Evasione fiscale? L’esempio del modello UK del bollo  

La risoluzione ha inoltre previsto dei deterrenti tecnici al fine di rendere economicamente sconveniente un tentativo dievasione fiscale datta TTF. Ciò prendendo spunto dalla normativa del Regno Unito, sul bollo auto: ovvero garantendo la proprietà giuridica di un prodotto finanziario commercializzato, solo ed esclusivamente previo pagamento della tassa medesima. Poiché l'aliquota proposta, in effetti è irrisoria, secondo Strasburgo “l’effetto dovrebbe essere quello di invogliare a pagarla”. Ma – permetteteci una piccola disquisizione – questo argomento ci lascia alquanto perplessi, dal momento che siffatte aliquote a nostro sindacabile giudizio sono tali da non impensierire più di tanto gli speculatori e bloccarne i loro – spesso immorali ed iniqui – traffici. E poi chi specula è una piccola percentuale di europei, già economicamente avvantaggiata. Il punto è_ può questa strategia mettere in riga gli operatori della City? Francamente non crediamo! Ciò almeno se i governi – “tecnici”  e  non – non si decidono a tagliare le unghie alla finanza una volta per tutte.

  L’ipotesi della procedura rafforzata  

Secondo i deputati, infine,  qualora non fosse possibile creare una corrispondenza univoca di intenti tra i 27 leader dell’Ue – raggiungendo un improbabile accordo unanime, al fine di creare una Tax-Zone in tutta l'Unione – bisognerebbe andare avanti attraverso la procedura di cooperazione rafforzata che permette a un gruppo di paesi membri di adottare legislazioni comuni, a condizione, però, che ciò no avvenga per un ristretto numero di paesi, ingenerando pesantissimi effetti collaterali nel mercato del paese aderente e progressivamente nell’intero mercato comunitario: ad oggi, il più grande mercato finanziario del mondo.

  Divieti – Allocazione in bilancio Ue e  Mercaro Primario  

I deputati, nella risoluzione votata, hanno inoltre proposto che le risorse derivanti dalla TTF non siano collocate direttamente nel bilanciodell’Ue, ma piuttosto siano utilizzate al fine di ridurre la quota annua che ciascun stato membro è chiamato a versare – secondo i trattati sottoscritti – al bilancio Ue. L’altro divieto proposto, afferisce, invece, al divieto di tassazione per quelle transazioni effettuate sul mercato primario, come l’acquisto di titoli da parte dell’ente/società emittente, al momento della loro immissione sul mercato: ciò – evidentemente – al fine di garantire che gli investimenti a vantaggio dell’economia reale non siano inibiti e scoraggiati dalla suddetta tassa sulle transazioni finanziarie.

  Scadenze per la conclusione dell’iter  

 Ora il lento iter prevederà due scadenze principali: quella del 31 dicembre 2013: termine ultimo fissato per i 27 Stati Ue al fine di adottare le leggi di attuazione della nuova tassa; e 31 dicembre 2014 termine previsto per l’effettiva entrata in vigore della nuova normativa sui prodotti finanziari. Ora la palla passa al professor Monti ed agli altri suoi colleghi “eletti e nominati” del Consiglio europeo.

Sergio Basile  (Copyright © 2012 Qui Europa)

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