Politica dell’acqua e beni comuni. Chi calpesta la volontà popolare – 1

Martedì, 26 Aprile/ 2016   

– di Roberto Pecchioli –

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Politica dell’acqua e beni comuni. Chi calpesta

la volontà popolare – 1

Il nuovo tentativo di privatizzazione dell'acqua e il

principio generale di intangibilità dei beni

da cui dipende la vita (da difendere)

► In allegato il disarmante intervento in aula,

     della deputata PD Cristina Bargero sul "bene acqua"

 

 di Roberto Pecchioli

privatizzazione dell'acqua

 L'acqua e la truffa della Democrazia rappresentativa                                

Roma   di Roberto Pecchioli  Arthur Moeller Van Den Bruck, uno dei grandi della Rivoluzione Conservatrice, scrisse che “la democrazia è la partecipazione di un popolo al proprio destino”. Se questo è vero, ed in larga misura lo è, il referendum è uno strumento privilegiato per esprimere la volontà popolare, e  l’esito della consultazione del 2011 sull’acqua, con il 95% dei votanti a favore della gestione pubblica delle risorse idriche è un risultato che si commenta da sé. Non conta: un emendamento a firma del deputato PD Enrico Borghi abroga l’articolo 6 della legge sull’acqua all’esame del Parlamento, che obbligava alla gestione pubblica dei servizi idrici. Premesso che il parlamentare ossolano è già tristemente noto per aver proposto di ripopolare le zone di montagna con gli immigrati clandestini  dell’Africa occidentale, ed è quindi il classico politico al servizio del potere mondialista, non stupisce che l’attacco al carattere di bene comune dell’acqua provenga dalle terze linee progressiste, né, tantomeno, che lo sprezzo della chiarissima volontà popolare avvenga sotto forma di emendamenti semi clandestini nel chiuso delle stanze delle commissioni di Montecitorio. La truffa della democrazia rappresentativa è ormai chiara al settore più ricettivo dell’opinione pubblica.

 Il nuovo tentativo di privatizzazione dell'acqua                                          

Il tentativo di privatizzazione dell’acqua – tutto da vedere è il disarmante intervento in aula, dei giorni scorsi, della deputata PD Cristina Bargero, secondo la quale l'acqua non è un "bene pubblico" (1)  cui, sperabilmente, si opporrà un fronte articolato d’opinione, tuttavia, necessita di qualche riflessione non legata esclusivamente alla cronaca più recente. Secondo tutti gli osservatori qualificati, infatti, il bene –acqua, insostituibile e essenziale per la sopravvivenza fisica del creato, è tra quelli che sprechiamo in maggiore quantità, tanto è vero che si stima che sulla Terra ce ne sia almeno un 30 per cento  in meno rispetto a meno di quarant’anni fa, e che dal 2020 in poi, saranno quasi tre miliardi, degli otto che ne ospiterà il pianeta, gli esseri umani che ne avranno carenza, o addirittura mancanza. Senza avventurarci in previsioni legate al cambiamento climatico ed al massiccio uso agricolo ed industriale dell’acqua ed ora anche minerario, nell’ estrazione dei gas di scisto, il problema geopolitico legato al controllo ed all’utilizzo delle risorse idriche è già ai primi posti di un’agenda umana realistica, responsabile e pensosa delle generazioni future.

(1) Vedi qui video Youtube –  Per il PD: “L'acqua pubblica non è un bene pubblico

privatizzazione dell'acqua

 La privatizzazione del mondo                                                                          

Già nel 1995, il vicepresidente della Banca Mondiale Ismail Serageldin dichiarò: “Se le guerre del XX secolo sono state combattute per il petrolio (2), quelle del Ventunesimo avranno come oggetto del contendere l’acqua”.   E’ quindi evidente –  Serageldin a parte – che il problema è di enorme rilievo e che, anche su questo tema, l’informazione dell’opinione pubblica è assai scarsa e orientata dagli interessi dei grandi gruppi privati. I più veloci ad affrontare la materia, come sempre, sono proprio loro, i protagonisti di quella che Jean Ziegler, in un saggio fortunatissimo, chiamò “La privatizzazione del mondo”.  Ecco dunque spiegata la brillante azione del loro zelante amico onorevole Enrico Borghi. Mettere le mani sull’acqua, per multinazionali e giganti finanziari, non  significa soltanto un lucrosissimo affare , ma innanzitutto la possibilità definitiva, diremmo l’arma assoluta, per il dominio del mondo attraverso le nostre stesse vite, che dell’acqua non possono fare a meno. In questa scia anche l'azione strategica delle mega banche Usa, delle queli ci occupammo nel mese di giugno del 2014 (3).

(2) In realtà (Ndr) le grandi guerre sono state combattute (e sono combattute) per destabilizzare l'Europa e il mondo, specie in chiave anti-cristiana, favorendo l'accentramento mondialista e l'instaurazione di una nuova religione unica luciferina – Vedi qui:

La Mano Nascosta – La guerra è uno sterminio di massa pianificato 

La Mano Nascosta – Perchè la Civiltà Cristiana è in mortale pericolo

(3) Vedi qui:

I nuovi Baroni dell’Acqua: le mega banche di Wall Street comprano l’acqua del mondo

 Meccanismi di controllo biopolitici                                                                

Negli anni Settanta del Novecento, si diffuse il concetto di biopolitica, la conoscenza volta a rivelare l’implicazione diretta ed immediata tra la dimensione della politica e quella della vita, intesa in senso biologico. Fu Michel Foucault, personalità tanto discutibile umanamente e politicamente quanto geniale, a descrivere per primo i meccanismi di controllo biopolitici; noi ci limitiamo ad osservare che la proprietà stessa del nostro corpo  viene messa in discussione se passa il principio di privatizzazione, dunque di commercializzazione, assoggettamento alla cosiddetta legge della domanda e dell’offerta, dell’acqua e di alcuni altri beni essenziali, che ormai vengono definiti “beni comuni”. Tale concetto comprende l’insieme delle risorse, materiali ed immateriali utilizzate da più persone e che possono essere considerate patrimonio comune dell’umanità. Il termine britannico commons definiva le terre di uso collettivo per diritto consuetudinario, su cui le popolazioni potevano liberamente esercitare il pascolo, il legnatico, l’agricoltura di sussistenza. La recinzione di quelle terre, per l’uso esclusivo di proprietari zootecnici, tra la fine del XVII secolo ed i primi decenni del XVIII , con la famigerata legge delle chiusure – enclosures bill- costituì la premessa per la prima Rivoluzione Industriale. I feudatari volevano per sé tutti i terreni per allevare un numero sempre maggiore di pecore, la cui lana alimentava l’industria tessile.

 L'inganno della "gloriosa rivoluzione" e di John Locke                             

Fu quello uno dei primi frutti della cosiddetta “gloriosa rivoluzione”, protestante, preborghese e mercantilista del 1688/1690 nell’Inghilterra orangista, il cui pensatore di riferimento fu John Locke, l’autore di quella bieca Lettera sulla Tolleranza, in cui si conclude che occorre riconoscere libertà a tutti, tranne ai portatori dei valori cattolici e, di riflesso, ai poveri contadini indifesi. Espulsi dalle campagne e gettati in città nelle braccia dei nuovi imprenditori, quelli di Manchester, essi costituirono il primo esempio di proletariato industriale. Bassi salari, orari impressionanti, lavoro minorile, lavorazioni pericolose e insalubri, nessuna protezione.

privatizzazione dell'acqua

 Principio generale di intangibilità dei beni da cui dipende la vita           

Oggi, le nuove enclosures sono lo smantellamento dei diritti sociali e la conquista, da parte dei privati, di tutti i beni e di tutti i servizi che siamo stati abituati a chiamare pubblici.  Difendere la natura comune delle risorse idriche è quindi porsi in prima linea sul fronte del rispetto di noi stessi e di principi che l’uomo ha sentito come naturali per un lunghissimo tratto della propria vicenda storica.  Ci sono almeno tre tipi di beni comuni: il primo comprende ciò da cui dipende la vita: acqua, terra, foreste, pesca, cui vanno aggiunti i saperi locali, le sementi selezionate nel corso dai secoli dalle popolazioni (oggi Monsanto procede a colpi di brevetti , rubando letteralmente la cultura materiale del mondo!), il patrimonio genetico nostro e delle specie animali e vegetali, la biodiversitàCome verifichiamo ogni giorno, l’attacco è potentissimo anche qui, e non solo con l’introduzione di Organismi Geneticamente Modificati (OGM), ma anche con tecnologie che trasformano l’idea stessa di vita, riproduzione, natura.  Per questo primo gruppo di beni, i tradizionali diritti collettivi d’uso , gli usi civici, è necessario stabilire, anzi ristabilire, un principio generale di intangibilità rispetto alla dimensione del profitto privato e, più in generale, recuperarne un primato “politico”.

 "Beni globali" e prevaricazione falsamente legale                                       

Un secondo ordine di beni che possiamo indicare come "comuni" sono i "beni globali”, l’atmosfera, il clima, i mari, la conoscenza, ma anche ormai, alcuni frutti della sapienza umana come Internet ed i brevetti. Si tratta di qualcosa che solo da poco possiamo percepire nella loro valenza comunitaria, da quando cioè sono stati ridotti a merce, ad accesso limitato, recintati con enclosures normative imposte dai più potenti. Viene in mente, come esempio di prevaricazione falsamente legale, il sistema di trattati imposto alle popolazioni angolchine (indiani), che non conoscevano la scrittura e tanto meno la codificazione giuridica, da parte degli americani del XIX secolo.

 Il terzo ambito                                                                                                    

Un terzo ambito di "beni comuni" è costituito dalla scuola, dalla sanità, dall’amministrazione della giustizia, dalle reti energetiche, informatiche e di telecomunicazione, la sicurezza alimentare. Potremmo  concludere affermando che i beni comuni sono la concretizzazione di quel conclamato quanto astratto diritto alla vita di cui un essere umano è portatore per natura, ma di cui , come afferma Amartya Sen, uno dei pochi economisti filosofi portatori di un'etica, troppi non riescono a far valere il pur valido titolo di proprietà. Se è lecito il dibattito sulla presenza dei privati nella gestione dei beni del terzo tipo, occorre difendere con accanimento la natura comune di quelli del secondo elenco, tenendo conto che è giusto remunerare la conoscenza e lo sforzo intellettuale di chi ha realizzato scoperte od invenzioni, ma che il sistema dei brevetti, delle privative industriali e della proprietà intellettuale in genere necessita di una revisione profondissima, che tagli le unghie a troppe rendite di posizione ed ad autentiche porcherie, come i prezzi di certi farmaci e di beni o servizi che fanno la differenza tra vita o morte.

privatizzazione dell'acqua

 Carattere pubblico o privato della proprietà – Una questione di fondo  

Quanto all’acqua, alle foreste, ai mari, al patrimonio genetico, ogni eccezione rimossa, il loro carattere comune non può neppure essere oggetto di discussione teorica: è la "linea del Piave" che ci separa dalla schiavitù  o dalla barbarie.  Un vero e proprio manifesto dei beni comuni, di ampio respiro giuridico e filosofico, è stato scritto da un docente torinese, Ugo Mattei. Non tutto è condivisibile della sua analisi, che risente, ad avviso di chi scrive, di alcune incrostazioni collettiviste, ma il nocciolo duro del pensiero di Mattei è importante, e potrebbe essere un valido punto di partenza per animare un vasto fronte di oppositori del liberismo trionfante, tanto sul piano programmatico che etico. Un elemento di notevole complessità è quello del rapporto tra bene comune e proprietà, che, in base alla definizione del nostro codice civile ( art. 832) è il “diritto di godere e disporre delle cose in modo pieno ed esclusivo”, non rilevando, a questo fine, la pur decisiva questione del carattere pubblico o privato della proprietà.

 Giuridicità globale funzionale ad esigenze di predazione                          

Il bene comune, per natura intrinseca, o per scelta normativa, è qualcosa che può essere fruito da tutti i membri di una comunità per la soddisfazione di interessi o bisogni diffusi.  Attiene più alla sfera della decisione diretta, della partecipazione, dell’immediatezza, piuttosto che a quella della rappresentanza o della burocrazia.  Mattei, e prima di lui Garrett Hardin, un biologo economista autore della “Tragedia dei beni comuni”, puntano i loro strali polemici sull’”homo economicus” potentissimo ed istituzionalizzato nella forma della persona giuridica. Sotto forma di società anonima, o di “corporation”, egli agisce in uno spazio di non diritto, creando di fatto una novità assoluta, “la giuridicità globale funzionale ad esigenze di predazione, la quale rende impossibile l’esercizio della sovranità economica statuale.“ (Mattei, op.cit.). La stessa intuizione (Ndr) – anche se nell'ambito di un concetto più vasto che sfociò nell'elaborazione del concetto di società usurocratica o "usurocrazia" – fu partorita dalla mente del grande Professor Giacinto Auriti, che individuò nel fantasma giuridico della società anonima (4), un devastante leviatano proteso alla medesima attività di predazione globale, senza limiti, né fisici, né morali. (continua…)

(4) Vedi qui:

Modello Blackrock e Accentramento Mondiale – La Profezia di Giacinto Auriti

Il Trucco delle multinazionali svelato da Auriti e l’inganno della borsa

Roberto Pecchioli (Copyright © 2016 Qui Europa)

Partecipa al dibattito – Redazione Quieuropa – infounicz.europa@gmail.com

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 Video Correlato                                                                                                         

Per il PD: “L’acqua pubblica non è un bene pubblico”

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