Sabato, Dicembre 29th/ 2012
– di Arrigo Musciò, Associazione Genitori Cattolici –
– Iniziativa di Pubblico Confronto, Pensa e Scrivi –
Mercoledì, Maggio 16th / 2012
– di Domenico Apicella –
Unione europea / Eurozona / Euro / Grecia / Germania / Democrazia / Tecnocrazia / Germania / Dracma / Troika / Europa senz’anima / Comunità / Polis / Araba fenice / Antica Grecia / Rinascita / Anima europea / Istanze popolari / Partiti politici greci / Araba fenice / Uscita dall'euro / Ritorno alla dracma / Domenico Apicella / Qui Europa
È veramente necessario uscire dall’euro
per sopravvivere?
A certe condizioni, probabilmente si!
Atene, Berlino, Bruxelles – È ricorrente ormai questo spauracchio, questa soluzione non debitamente analizzata e compresa dai popoli, che dovrebbe risolvere problematiche di carattere economico-politico interne all’Unione europea. Ebbene si! Il sistema di cui dovremmo fregiarci di essere parte integrante, adotta soluzioni finanziarie ad un problema che meramente finanziario non è; tutto consta nel rispetto del fiscal compact, nel pareggio di bilancio, e sul contestuale risanamento del debito. Il disegno che viene fuori dal quadro delineato è, dunque, quello di un’Europa senz’anima. I problemi nelle comunità sorgono sempre per un errato indirizzo politico dettato dagli “uomini”, mentre la finanza, come tutte le altre questioni materiali, sono di carattere secondario “sempre”. Paradossale! In una comunità, qualunque essa sia, è logico pensare e prevenire eventuali posizioni divergenti, ed è qui che emerge la “forza” della comunità; è la metodologia di risoluzione dei contrasti e divergenze interne che contraddistingue una comunità dall’altra. La nostra comunità è oggi più che mai “debole” dinnanzi ai problemi sorti, problemi che proporzionalmente ai poteri conferitegli dagli stati membri sarebbero sicuramente alla sua portata, ma una domanda allora sorge spontanea: quando una comunità è debole, è perché lo sono le persone fisiche che la rappresentano?
Alla radice dei mali
Certamente le azioni dell’Unione europea non saranno imputabili all’unione stessa in quanto entità astratta, ma alle persone fisiche che la compongono (almeno idealmente dovrebbe essere così), tuttavia indicare la lista delle personalità che hanno ricoperto e ricoprono tutt’ora incarichi istituzionali non sarebbe congeniale ai fini della comprensione della nostra discussione. Ciò che è importante è stabilire e definire che non si risolve un problema di natura politica (quindi di natura primaria) sorto da un indirizzo politico “errato” dettato dall’uomo, intervenendo pesantemente su questioni di natura secondaria come il denaro l’economia, la finanza, poiché ciò equivarrebbe ad invertire l’ordine naturale delle responsabilità, che vedono, senza dubbio, al primo posto l’uomo. In Grecia si paventava la possibilità di introdurre un governo di “tecnocrati” per affrontare al meglio gli imperativi posti dall’Ue, tuttavia la coalizione della sinistra radicale con Syriza non ha ceduto alle continue pressioni poste dalla Commissione europea, dalla Troika e dai banchieri industriali greci, nonché dal partito di Nuova Democrazia e dal Pasok, che spingevano verso la direzione di un grande compromesso governativo a favore dell’insediamento al governo di uomini esperti nel settore finanziario.
Un decisivo periodo di transizione
La Grecia sta attraversando un periodo di transizione, nel quale i nuovi indirizzi politici si stanno delineando con estrema e cruda eloquenza: le nuove fazioni, le nuove coalizioni, la pesante opposizione del partito comuinista di Papariga – che ha denunciato pubblicamente tutti i partiti, senza distinzione alcuna, di ipocrisia e servilismo nei confronti dell’Unione europea – i sindacati greci del settore privato – che, nel timore dell’abolizione dei contratti nazionali di lavoro imposti dalla Troika, sono oggi sul piede di guerra – ed il preoccupante quanto dirompente ritorno dei neonazisti (con Mixaloliakos in perenne conflitto con i giornalisti greci) e del partito d’estrema destra “Alba Dorata”. Insomma si è aperta una piattaforma di consensi per tutte le vedute, per tutte le diversità ideologiche, in una Grecia che, se da un lato rischia il tracollo finanziario, dall’altro apre ad un molteplicità di posizioni che potenzialmente potrebbero ognuno fornire l’antidoto più efficace ai problemi del paese, riscoprendo la bontà e la forza delle più limpide ed alte istanze democratiche – e morali – fortemente chieste e custodite dal popolo ellenico.
La fine della Tecnocrazia nel Paese che inventò la Democrazia
Le future elezioni in Grecia decreteranno quanto meno, una volta per tutte, e con chiarezza, un elemento basilare: il definitivo concetto che non è necessario delegare ai “tecnici”, ai ragionieri della politica, il potere di governare, poiché la politica è più che sufficiente. Forse il Paese che nel 503 A.c. avviò quella forma di sperimentazione politica che passò alla storia come “Democrazia” (una novità assoluta per la civilizzazione occidentale che partendo proprio dalla polis, spinse il soggetto cittadino a decidere per la prima volta sia nel merito delle leggi fondamentali, sia nel dettaglio della messa in esecuzione delle stesse) presto segnerà la stessa rinascita della Democrazia in Europa: una sorta di araba fenice redenta che darà spettacolo di sé a popoli e tecnocrati. La politica è la rappresentanza del popolo, quindi dell’uomo, i tecnici invece sono la rappresentanza dei mercati, quindi del denaro. È l’uomo che ha il potere di gestire tutto ciò che da egli stesso deriva, è l’uomo che ha la responsabilità politica delle sue scelte, sono i grandi uomini del continente europeo che hanno progettato e realizzato poco più di mezzo secolo fa, un processo di avvicinamento ed integrazione tra i paesi dell’Eurozona. Questo processo non è ancora definito, ed è necessario a tal proposito continuare a lavorare per raggiungere un risultato ottimale, in grado non di porre “imposizioni” ma di dialogare e supportare i paesi in fase di acuta crisi; non è questo l’indirizzo adeguato che l’Europa deve assumere nei confronti degli stati membri, non è “intimando” gli stati che si guadagnerà la fiducia degli stessi.
La rifondazione del “Sistema Europa”
L’Italia e la Grecia hanno, sulla propria pelle, capito prima d’altri che il “sistema Europa”, quello di cui abbiamo parlato all’inizio, va rifondato, non di certo – però –distruggendo quanto di buono si è creato, ma piuttosto formando personalità che siano in grado di completare questo processo d’integrazione europeo e di stabilizzarlo in un senso “politico-umanistico” piuttosto che esclusivamente “finanziario-materialistico”. Il Presidente della Repubblica greca Papoulias, farebbe bene quindi ad ascoltare i moti rivoluzionari del suo paese, quelli che dalla base stanno spingendo affinchè la Grecia sia inserita in un’Unione europea che non emani degli “ultimatum”, non un’Ue germanocentrica – dunque – ma che comprenda i livelli di difficoltà dei singoli stati e che con questi possa determinare le soluzioni migliori.
La "Rinascita" di Afrodite
Relativamente all’uscita dall’euro da parte della Grecia, da una parte essa non sarebbe auspicabile, vista la svalutazione che potrebbe subire il ritorno della vecchia moneta (dracma), tuttavia anche questa scelta corrisponderà alla volontà popolare e se ciò dovesse accadere si demarcherà in modo ancor più evidente il fallimento del progetto politico dell’euro che probabilmente non dovrà essere abbandonato, ma forse rifondato su criteri di tolleranza, solidarietà e maggiori controlli interni posti da autorità predeterminate che possano definire in modo equo i prezzi dei beni e dei servizi. Solo in questo modo non ci saranno più paesi che minacceranno l’uscita dall’euro, in caso contrario questi si moltiplicheranno: nella consapevolezza di essere stati catapultati in un’avventura spazio-temporale chiamata Eurozona, concepita – allo stato attuale – come una grande giostra che si muove vorticosamente dietro la regia della speculazione internazionale e del mercato. Inaccettabile! A queste condizioni – e dinnanzi ad un out-out così grave ed impellente – meglio sarebbe, in estrema soluzione, tornare alle monete nazionali, e non temere slanci speculativi e minacce tecnocratiche attuando il semplice ed efficace strumento della svalutazione. Ciò tuttavia attraverso un abbandono progressivo e ben ponderato. In caso di svalutazione immediata e violenta, infatti, la dracma potrebbe perdere tra il 40 e il 50% del suo valore: vale a dire che per comprare un euro ci vorrebbero circa 500 dracme. Ovviamente, una dracma debole sarebbe un indubbio vantaggio per chi esporta, ma la Grecia di oggi è pur vero che non è un grande paese industriale, come dimostrato dal saldo negativo della sua bilancia commerciale. La dracma debole sarebbe invece – evidentemente – un grosso svantaggio per l’acquisto del petrolio e quindi della benzina e suoi derivati, nonché dello stesso gas, con effetti inflattivi a catena sull’intera economia. La pazienza, come dire, è la virtù dei forti! Ma alla fine, come insegna il mito, Afrodite – la meravigliosa Afrodite – (ri) nasce dalla bianca schiuma del mare, in quell'azzuro specchio marino dinnanzi alla Grecia. E' solo questione di tempo.
Domenico Apicella (Copyright © 2012 Qui Europa)
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