I Villaggi del Cancro: Dalla Cina all’Italia – Seconda Parte

I Triangoli della Morte

Mercoledì,  Marzo 13rd/ 2013

– L'Editoriale di C.Alessandro Mauceri  

Governo cinese, inquinamento, nocivo, lavoratori, “I villaggi del Cancro”, Banca Mondiale, “i costi dell’inquinamento in Cina”, China Merchants Bank e Bain & Co.,  Conferenza politica consultiva del popolo inese (CPPCC), Zhang Lan, Turchia, Tuzkoy,  mesotelioma, Sarihidir, Karain, Murat Tuncer, Ministero della Salute, amianto, diossina, Bellolampo, Palermo, contaminazione, Sicilia, governo Berlusconi, Muos, Campania, Istituto Superiore di Sanità, SIN, “Siti di bonifica di interesse nazionale”, The Lancet Oncology, Acerra, Nola,  Marigliano, Kathryn Senior, Alfredo Mazza, "Triangolo della morte", Lombardia, tumore alla pleura,  Balangero, Casale Monferrato, Broni, Fibronit, Bari, Biancavilla, Massa Carrara, Priolo, Pitelli, litorale vesuviano, tumore al polmone, Porto Torres, Gela, acciaierie di Taranto, Sulcis-Iglesiente, Porto Marghera, Piombino, Massa Carrara, Orbetello, Chienti Roberta Pirastu, Sapienza, Francesco Forastiere, Dipartimento di epidemiologia, Regione Lazio, 

I Villaggi del Cancro: Dalla Cina all'Italia

Seconda Parte

L'élite cinese pronta alla "Grande Fuga" dai veleni

di un Paese distrutto dall'inquinamento chimico

L'Italia e i "Triangoli della Morte": 298 comuni Italiani

da codice rosso. Tumori in aumento specie al Sud.

Mezzogiorno trasformato in pattumiera d'Italia: 1200 casi

di tumore l'anno a causa di contaminazioni industriali

tra i silenzi delle amministrazioni

 

L'Editoriale

di C.Alessandro Mauceri

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 I Villaggi del Cancro 

Pechino, Shanghai, Roma, Istambul – Nelle ultime ore è stata diffusa l'allarmante notizia seconda la quale molti generi alimentari provenienti dalla Cina e destinati a migliaia di ristoranti europei ed italiani sarebbero contaminati. Tracce di pericolosi virus, ad esempio, sarebbero stati rintracciati lungo i fiumi di Shanghaitra le carcasse di maiali destinati al consuno sui mercati del Vecchio Continente. Ma già nei giorni scorsi le autorità del governo cinese hanno ammesso come lo stato di inquinamento delle acque e dell’aria di diversi siti del Paese (specie di quelli in cui operano molte aziende statali o industrie che poi esportano i loro prodotti in Paesi come il nostro) sia gravissimo e altamente nocivo per la salute dei lavoratori e degli abitanti di quelle città: non a caso definite dallo stesso governo cinese con l'emblematica espressione di “ Villaggi del Cancro”. (vedi Prima Parte in allegato)

 Lo studio di "World Bank" 

In realtà che la situazione fosse già estremamente grave lo si sapeva benissimo, e non solo per le indagini effettuate da qualche ecologista locale. In un documento ufficiale del 2007, ad esempio, la Banca Mondiale, ovvero proprio quello stesso soggetto che poi contribuiva economicamente allo sviluppo delle imprese cinesi di maggiori dimensioni e, pare, maggiormente inquinanti, aveva pubblicato uno studio dal titolo “I costi dell’inquinamento in Cina” dal quale risulta che già i dati rilevati nel 2003 avessero evidenziato lo stretto legame tra l'inquinamento delle falde acquifere e dell’aria, la produzione industriale e l'incidenza di alcune malattie sulla popolazione. Ciò nonostante, nessuno ha fatto niente quando la Cina ha rivendicato il proprio diritto di continuare a inquinare una parte rilevante del pianeta pur di riuscire a conquistarne – grazie ai propri prodotti – una fetta ancora più grande di mercato.

  L'élite cinese pronta alla Grande Fuga 

Forse non c’è alcun legame tra le due cose, ma alla luce dei dati che emergono appare quanto meno strano (per non dire sospetto) il fatto che la Cina, o meglio chi impone certe scelte a chi la governa stia acquistando, grazie ai proventi della produzione realizzati a scapito della tutela del proprio  territorio, enormi fette di territorio all’estero (fenomeno del landgrabbingVedi articoli in allegato). Come investimento, si penserà! E invece non è proprio così: per trasferirsi altrove! Secondo uno studio condotto dalla China Merchants Bank e da Bain & Co., il 27% degli imprenditori con un patrimonio stimato sopra i 100 milioni di renminbi si sono già trasferiti all'estero e, della restante parte, il 47%  sta prendendo in considerazione l'idea di lasciare il Paese. Anche la famosa imprenditrice e membro della Conferenza politica consultiva del popolo cinese (CPPCC), Zhang Lan, starebbe facendo “armi e bagagli” per trasferirsi, pare ai Caraibi. La questione nei giorni scorsi ha aperto un acceso dibattito nazionale. Ma se la situazione dell’ambiente in Cina è così grave cosa avviene negli altri Paesi? In realtà, sono moltissimi i siti in tutto il mondo dove l’impatto ambientale delle imprese provoca danni terrificanti alla salute dei cittadini.

Made in China

 Turchia – Gli altri Villaggi del Cancro del "Mondo Globale" 

Ad esempio, in Turchia, Tuzkoy è stata dichiarata “zona pericolosa”. Nel 2004 più di 250 famiglie si sono trasferite in altri Paesi. Il resto della popolazione, circa 2.350 persone, si trasferirà non appena le nuove case, la cui realizzazione è sovvenzionata dallo Stato, saranno pronte. La crescita dei casi di mesotelioma  si sta verificando anche nei villaggi vicini di Sarihidir e Karain. "Il numero di casi di mesotelioma a Tuzkoy è stato di circa 600-800 volte superiore rispetto alla norma mondiale", ha dichiarato nei giorni scorsi Murat Tuncer, direttore del dipartimento del Ministero della Salute. “Circa il 48% di tutte le morti nei tre villaggi è causato dal mesotelioma. Si ritiene che gli abitanti abbiano inalato fibre del minerale erionite, utilizzato poi per costruire case e strade”, ha concluso Tuncer. E in Italia le cose vanno, se possibile, ancora peggio.

 La situazione in Italia 

I dati relativi alle malattie – e relativi decessi – connessi con la vicinanza a industrie inquinanti e discariche abusive sono stati da sempre diffusi con il contagocce (altro che ammissione del governo cinese). L'Italia è avvelenata dall'amianto e dalla diossina in aree che da troppi anni aspettano di essere risanate. Ad esempio, sono stai necessari alcuni mesi per analizzare una sessantina di campioni e affermare che l’incendio della discarica di Bellolampo a Palermo aveva causato la diffusione di diossina che aveva profondamente inquinato l’indotto con livelli di contaminazione tali da vietare l’uso degli animali allevati in almeno quattro comuni del circondario. Ma in quei mesi la gente aveva continuato a mangiare quella carne e a bere il latte di quegli animali mentre il sindaco diceva che il problema era stato risolto. 

 Sicilia – Muos: una questione aperta 

Ad esempio in Sicilia, grazie anche alle concessioni del precedente governo Berlusconi,  è stata  consentita l’installazione in una zona di riserva naturale di un impianto Muos, (vedi articolo in allegato) destinato alla trasmissione di onde radio di portata al di sopra della norma e potenzialmente nocive per la salute e per l’ambiente, e, per di più, ad uso esclusivo dell’esercito americano di stanza in Italia (e già questo non dovrebbe essere permesso). A niente sono valse, sino  ad oggi, le proteste degli abitanti, delle autorità locali e del Presidente della Regione Sicilia.  Anche in Campania si è parlato ripetutamente di problemi analoghi, ma senza mai giungere a interventi definitivi e risolutivi.

 I "Villaggi" Italiani – Siti di "Bonifica" d'Interesse Nazionale  

Nel 2011, l'Istituto Superiore di Sanità ha pubblicato i risultati di uno studio che ritrae la situazione sanitaria dei luoghi altamente inquinati, sparsi in tutta Italia, nei quali le condizioni ambientali provocano la diffusione di malattie e decessi in misura molto più alta che nel resto del Paese. Questi siti, nella speranza che siano solo questi (ma il passato ha dimostrato che, in realtà, il loro numero è ben maggiore e in costante aumento – ricordiamo che siamo in Italia e, quindi, nessuno mai ammetterà che la cattiva gestione ha prodotto morti e malati gravi) non sono stati chiamati “villaggi del cancro”, ma più eufemisticamente SIN, “Siti di bonifica di Interesse Nazionale”. Bonifiche che dovrebbero essere fatte, ma che nessuno sa come e, soprattutto, quando. I SIN sono 57. E in questi siti il tasso di mortalità è a volte di gran lunga maggiore rispetto alle medie regionali. Tra le maggiori difficoltà incontrate dai ricercatori c’è stata perfino la perimetrazione di queste aree, caratterizzate dalla presenza di impianti chimici, petrolchimici, raffinerie, industrie siderurgiche, centrali elettriche, miniere e cave di amianto e altri minerali, porti, discariche e inceneritori. Insomma, l'Italia dell'industria pesante e delle pattumiere, dove generazioni di lavoratori hanno prodotto benessere e ricchezza per tutto il Paese, e anche oltre, spesso a costo della loro salute. Come al solito, per comprendere la gravità della situazione ed evitare polemiche e osservazioni da parte dei benpensanti che affermano che “è tutto a posto” (come dichiarò il sindaco di Palermo dopo l’incendio della discarica di bello lampo sopra citato) è bene fare riferimento ai numeri.

 Italia – Cifre impressionanti 

I morti da contaminazione industriale negli ultimi otto anni sono stati, sulla base dello studio, 3.508. E se questo numero è già spaventoso, basti pensare che, se si considera il surplus complessivo dei decessi, in queste aree si sfiorano per lo stesso periodo le 10 mila unità (su 403mila morti complessivi). In altre parole su circa 298 comuni – abitati da 5,5 milioni di abitanti: quasi un decimo della popolazione nazionale – la qualità della vita è decisamente peggiore che nel resto d’Italia e questo è dovuto “semplicemente” al fatto che questi nostri connazionali abitano in aree industriali o degradate o nelle quali pullulano le discariche abusive.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 Acerra, Nola, Marigliano e gli altri "Triangoli della Morte" italiani  

La rivista scientifica internazionale The Lancet Oncology, nell'agosto 2004, ha definito la vasta area della provincia di Napoli compresa tra i comuni di Acerra, Nola e Marigliano, (un tempo nota per essere fertile e rigogliosa) come il “triangolo della morte” a seguito di uno studio di Kathryn Senior e Alfredo Mazza, dall'eloquente titolo:  "Il Triangolo della morte italiano, collegato alla crisi dei rifiuti". Dopo nove anni niente è cambiato anzi semmai la situazione è peggiorata tanto che nelle province di Caserta e Napoli si osservano tassi più alti che nel resto d’Italia per molti tipi di tumori. Stessa situazione in Lombardia, dove da tempo la provincia di Brescia è caratterizzata da tassi di mortalità per tumore al fegato decisamente maggiori rispetto al resto d’Italia, sia negli uomini che nelle donne. I risultati dello studio sono inattaccabili: delle 63 cause di morte prese in considerazione, alcune emergono come causate, certamente,  da contaminazioni ambientali e malattie lavorative. Il caso più palese è rappresentato dai 416 decessi in eccesso per tumore alla pleura nei siti (Balangero, Casale Monferrato, Broni, i dintorni dello stabilimento Fibronit di Bari, Biancavilla, Massa Carrara, Priolo, Pitelli e alcuni comuni lungo il litorale vesuviano) contaminati da amianto, per la presenza di cave di estrazione del minerale o di impianti di lavorazione. Analogamente l'aumento di mortalità per tumore al polmone e malattie respiratorie non tumorali sarebbe riconducibile alle raffinerie di Porto Torres e Gela, alle acciaierie di Taranto, alle miniere del Sulcis-Iglesiente e alla chimica di Porto Marghera. E, così, il maggior numero di decessi  per insufficienza renale e altre malattie del sistema urinario causate da emissioni di metalli pesanti, composti alogenati e idrocarburi che caratterizza i comuni di Piombino, Massa Carrara, Orbetello o la bassa valle del fiume Chienti, gli stessi comuni in cui hanno luogo stabilimenti per la lavorazione di questi prodotti. E che dire dei tumori riscontrati in Calabria, nel comune di Paola (per fusti tossici insabbiati in prossimità di corsi d'acqua) o della situazione di Tito (una delle zone industriali più inquinate dell'ex Bel Paese) nei pressi di PotenzaLa lista sarebbe lunga, ma quello che è evidente ed inconfutabile è che esiste un rapporto diretto tra crescita del tasso di tumori e presenza dei casi in particolari aree del nostro Paese caratterizzate da una produzione industriale incontrollata ed una criminosa gestione del territorio.

 Sud – Dopo il Danno la Beffa 

In questi numeri, tuttavia, non si tiene conto di tutta una serie di malattie che pure sono presenti in percentuali rilevanti in certe zone del Paese, ma per le quali non è stato ancora riconosciuto “scientificamente” il rapporto di causa-effetto con certe lavorazioni o con certe situazioni ambientali. Ma non è finita! Pare infatti che queste zone a vocazione industriale ed altamente inquinate siano caratterizzate anche da diseguaglianze economiche e sociali. Come sostiene, tra l'altro,  uno degli autori dello studio,  Roberta Pirastu, dell'Università La Sapienza di Roma. Il complesso delle cause di morte, se si considera anche questi fattori sale a 9.969 casi (oltre 1.200 casi all'anno) la maggior parte dei quali concentrati nel Sud Italia (8.933) pur essendo il Meridione un'area a ridotta vocazione industriale, rispetto al Nord.  “Tutta la popolazione, quindi, è stata più o meno interessata dalla contaminazione diffusa” spiega la ricercatrice. È, come confermato da Francesco Forastiere, del Dipartimento di epidemiologia della Regione Lazio, “una popolazione, già penalizzata da condizioni socio-economiche sotto la media, deve per giunta fare i conti con una maggiore concentrazione di attività inquinanti. Loro pagano in prima persona con morti e malattie, mentre le bonifiche, in forte ritardo, le pagano tutta la collettività e quasi mai i privati che hanno determinato queste situazioni”.

 Eppure nessuno osa parlare di villaggi del cancro in Italia 

Lo scandalo maggiore, tuttavia, non è il livello di inquinamento che certe aree hanno raggiunto. L'altra grande anomalia, infatti, consta nel fatto che la causa di questo inquinamento quasi sempre sia attribuibile alle industrie presenti sul luogo. Ciò che dovrebbe sorprendere tutti (ma, ormai, in Italia non ci sorprende più niente) sono le continue ammissioni pacifiche da parte delle autorità circa la gravità della situazione e le possibili connessioni con gli impianti in loco e – ciò nonostante – l’intenzione di proseguire su questa strada. Ciò che dovrebbe scandalizzarci ancor più è che nessun sindaco o presidente di regione (o ministro o premier) ammetterà mai il fatto che molte persone muoiano e siano affette da malattie gravi (spesso degeneranti) per via di fenomeni come le licenze facili rilasciate dalle stesse p.a. o la pressocché totale assenza di controlli sulla qualità degli impianti e la regolarità dei processi produttivi.

C.Alessandro Mauceri (Copyright © 2013 Qui Europa)

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