L’Importanza di leggere bene i segni dei tempi

Venerdì,  Novembre 22nd/ 2013

 di Padre Piotr Anzulewicz  

Padre Piotr, Convento Sacro Cuore, Circolo Culturale San Francesco, Vittime Sardegna, Calabria, Segni dei tempi, Apocalisse, Piano di dominio mondiale, Corruzione, Disastri, Speranza, Discvernimento 

L'Importanza di leggere bene i segni dei tempi

Malgrado le apparenze il mondo non sprofonda

dell'abisso del nulla

Eventi apocalittici – Giornata di Lutto Nazionale per le vittime

sarde del ciclone Cleopatra

 

di Padre Piotr Anzulewicz

APOCALISSE E SPERANZA

 La Famiglia e il segno dei tempi                                                                            

Catanzaro –  di Padre Piotr Anzulewicz, Convento Sacro Cuore, Circolo Culturale San Francesco – Oggi la Chiesa ricorda Santa Cecilia (sec. II-III), vergine e martire, patrona della musica, dei musicisti e dei cantanti (Giornata Internazionale della Musica). Ma la data odierna coincide anche con l'naugurazione dell’Anno Internazionale della Famiglia Rurale, volto anche a sottolineare che l’economia agricola e lo sviluppo rurale trovano nella famiglia un operatore rispettoso della creazione e attento alle necessità concrete ed alla crescita economica, sociale, culturale e morale dell’intera comunità umana. Specie oggi, in un tempo nel quale i governanti spesso e volentieri accantonano le politiche per la famiglia, opprimendo le stesse – nel contempo – con politiche fiscali folli e assolutamente irrazionali e con regimi usurocratici asfissianti. 

 Un pensiero alle famiglie sarde e calabresi                                                      

Oggi è anche giornata di Lutto nazionale,  in ricordo delle 16 vittime dell'alluvione Cleopatra (nuove precipitazioni sono previste entro domenica). Un pensiero speciale va, dunque, a tutte le famiglie sarde che piangono i loro morti ed a tutte le altre (sarde in particolare, ma anche calabresi) che sono rimaste letteralmente per strada, perdendo in poche ore attività economiche o addirittura la stessa abitazione.  In tal senso, pare che ancora non sia stato deciso lo stato di calamità per la Calabria. Anche lì, in questo momento c’è un disagio che ha provocato degli effetti devastanti per l’economia calabra che è un’economia povera, a trazione rurale. Gli agricoltori della Calabria – non dimentichiamolo – sono coloro che si occupano della custodia vera del territorio. Se non lo facessero loro, chi lo farebbe? Se non c’è l’uomo, se non c’è un’agricoltura attiva, se non c’è un pastore in Sicilia che si preoccupa di controllare gli argini dei torrenti dove far abbeverare le pecore … Se non c’è questo, chi lo fa? E adesso questo disastro peggiora ulteriormente la capacità di controllo del territorio perché tanta gente, che ha perso tutto, ora scapperà, cercherà altre opportunità di reddito

 Vincono i corrotti?                                                                                                     

Dinnanzia a questi disastri e alle politiche mondialiste di molti governi, animate da logiche spesso e volentieri disumanizzanti e contrarie alla difesa della stessa dignità dell'uomo e della famiglia, ci tornano in mente gli insegnamenti della scorsa Domenica (Ml 3,19-20; Sal 97; 2 Ts 3,7-12; Lc 21,5-19) in un tempo nel quale sentiamo spesso parlare di piani di dominio globali, dei quali abbiamo imparato a conoscere prerogative e processi storico-evolutivi. Ma in che posizione si deve porre il cristiano – e l'uomo di buona volontà più in generale – dinnanzi a questo minaccioso orizzonte di malgoverno mondiale, continentale e di calamità naturali e stragi più o meno indotte dalla negligenza e dall'indifferenza umana? È un luogo comune dire oggi che il mondo si sta distruggendo… Per certi tratti tuttavia è vero: cattiva gestione del territorio, guerre ovunque, crisi indotte, povertà dilagante, vaccini killer, OGM… Il mondo ci dice e ci ripete in modo diretto e tra le righe, insomma, che vincono i malviventi, i profittatori, i corrotti e i manipolatori della politica e dell’economia mondiale. Cronisti, parapazzi e agenti, strizzandosi l’occhio, ci fanno intravedere il volto dell'ingannatore. Tanti si assegnano un posto di riguardo e di preminenza nel loro inferno quotidiano. L’aria che si respira è pesante. Addirittura «il Sant’Ufficio – leggiamo su «Il Foglio» – allenato nei secoli, sente odore di zolfo». Il Medio Oriente è in fiamme,  l'economia è sempre più fuori controllo. "Rivivono allora le predicazioni e le rappresentazioni della fine del mondo come un delirio di fiamme e di distruzione, con il giudizio finale permeato di paura, o come un’epoca «invasa dalla morte, in cui il globo, diventato muto, continuerà, ma senza di noi, a descrivere nello spazio impassibili orbite" (J. A. de Gobineau, † 1882).

 La Speranza… nell'Apocalisse                                                                               

Chi vive con un minimo di consapevolezza, dopo anni passati a combattere per i valori alti, nobili ed evangelici, è ancora più stordito. Ovunque s’intravedono lentezze e incoerenze, rigidità e comportamenti non edificanti. In merito molto intensa è provvidenziale è stata la parola di Domenica: «Verranno giorni – dice Gesù, che è ormai alle ultime “battute” della sua traiettoria terrestre – in cui, di tutto quello che ammirate, non resterà pietra su pietra che non venga distrutta» (Lc 21,6). È la frase sconcertante, dal tono apocalittico. «Vi saranno fatti terrificanti – aggiunge – e segni grandi dal cielo» (Lc 21,11). Indica anche il «giorno del Signore», quando Dio ribalterà le sorti dell’umanità e «brucerà come paglia i superbi e gli ingiusti» (Ml 3,19). Per coloro che «avranno timore del nome di Dio (giusti) sorgerà con raggi benefici il sole di giustizia» (Ml 3,20). In fin dei conti quel brano evangelico è «un canto di speranza». Il «giorno del Signore» segnerà la piena realizzazione della signoria di Dio. La descrizione dell’avvento è grandiosa. Il suo scopo è di dare, attraverso le immagini impressionanti, tolte dall’Antico Testamento, l’idea del trionfo del bene sul male. Ormai tutto il creato, con tutte le sue energie, tende verso Cristo, «punto Omega» (P. Teilhard de Chardin, † 1955). In Lui, per mezzo di Lui e in vista di Lui tutto è stato fatto (cfr. Col 1,15-16). Egli, Dio e uomo, è il «primo» e l’«ultimo», «fons et finis». Egli è il fine originario, ma, proprio per questo, è pure il primo che sta all’inizio dell’opera divina e «impregna di sé» (Angela da Foligno, † 1309) l’intero sistema cosmico. A Lui, Verbo «umanato», «passionato» e risorto, infatti, Dio ha comunicato «per primo» la pienezza, perché per mezzo suo giunga fino a noi la «fonte della pienezza». È Lui la pienezza della felicità e il nostro «premio delizioso» (Bonaventura da Bagnoregio, † 1274), oltre che l’unica «via» per raggiungerlo. Ecco perché dobbiamo conformarci a Lui, «vera immagine di Dio», che tutto in sé ricapitola e perfeziona.

 Per questo la fine non è "la fine"… ma l'inizio                                                

Per questo la fine del mondo non è qualcosa di tremendo. Al centro sta Lui, il Figlio dell’uomo (Mc 13,26), che segna la fine del mondo vecchio con il suo male (Mc 13,24-25) e l’inizio del mondo nuovo in comunione con Lui (Mc 13,27). Di Lui bisogna fidarsi. Non si stanca di dircelo Papa Francesco e ne dà testimonianza. Anche se la vita di una persona è un terreno pieno di spine ed erbacce, c’è sempre uno spazio in cui il seme buono può crescere. Nell’intervista a Civiltà Cattolica del 14 giugno scorso ha spiegato: «Io ho una certezza dogmatica: Dio è nella vita di ogni persona (…), anche in quella distrutta dai vizi, dalla droga o da qualunque altra cosa». Per questo conforta e calma i malati ed i diversamente abili, prende al volo i rosari che gli vengono lanciati…. Con entusiasmo attesta che la storia, quella nostra e quella dell’universo, è nelle mani di Dio e l'ultima parola su di essa sarà il trionfo di Cristo Risorto.

APOCALISSE E SPERANZA

 Il Mondo non precipita nell'abisso del nulla                                                     

Il mondo non precipita nell’abisso del nulla. Esso è nelle braccia di Dio e la parola del Vangelo è l'appiglio che la Chiesa ha per leggere la storia e per vedere che Dio ne è il Signore. Ovvio, non è facile vederlo. Tuttavia, malgrado la fatica, il dolore, la logica del mondo che ancora alberga nei nostri cuori e nei nostri giudizi, lo Spirito divino avanza e dice alla Chiesa, sua sposa:«Vieni!», Maranathà! Cristo verrà per completare la sua signorìa, e le anime dei nostri defunti riprenderanno i propri corpi, trasfigurati e risorti, e sarà la pienezza. I nostri poveri cuori, masticati dall'amore, non cadranno nel vuoto, ma saranno raccolti dal Cristo, il Veniente, e consegnati nelle mani del Padre Celeste. State dunque sereni, dice Gesù, perché «nemmeno un capello del vostro capo perirà. Con la vostra perseveranza salverete le vostre anime» (Lc 21,19). Nel frattempo – e questa è una nota dolente – Dio ha affidato a noi, fragile Chiesa, il compito di far crescere la sua signoria, giorno per giorno. Spesso però non facciamo altro che rifugiarci in un privato miope e dal respiro corto. Siamo invece chiamati a rimboccarci le maniche e diventare profeti di conversione, non profeti di sventura.

 Il Fine … del Mondo                                                                                                  

Le espressioni e le immagini dei testi sacri ci invitano a guardare non tanto alla «fine del mondo» quanto piuttosto «al fine del mondo» o, meglio, al nostro fine, che è sempre il Signore Gesù, davanti al quale il male arretra. Egli è il nostro presente e il nostro futuro, il nostro obiettivo definitivo per il quale occorre sempre coltivare la fede e accrescere la fiducia e la speranza, e verso il quale incamminarci, perseverando nelle avversità e nelle sfide di tutti i giorni. La vita è un continuo proiettarsi in avanti e un costruire continuamente le nostre tappe. Questa visione delle cose ci è motivo di sprone, di slancio, di incoraggiamento. Essa ci dischiude il cammino verso il culmine della storia umana, quando lo stesso Signore tornerà nella gloria. La sua venuta ci ha già svelato l’amore di Dio e la sua volontà di scrivere una pagina nuova e definitiva della nostra umanità, dove ognuno, liberato dalla paura e da ogni forma di schiavitù, diventa capace di bene, di bello e di vero.

 Discerniamo i segni dei tempi                                                                                

Scrolliamoci allora la paura di guardare al mondo e alla storia, all'umanità e agli eventi che la aspettano, alla morte e al dolore. Con “attenzione” discerniamo e leggiamo i segni dei tempi, per “non lasciarci ingannare” dal pensiero del "mondo" che si infiltra con successo totale ed in maniera sistematica anche nella Chiesa e pretende di parlare “nel nome” del Signore: interpreta il “tempo” che viviamo come “prossimo” a chissà quali “rivoluzioni” morali e “guerre” culturali, destinate ad inaugurare un mondo nuovo di pseudo-pace e pseudo-tolleranza nel quale il messaggio salvifico di Cristo non avrà più alcuna voce in capitolo. Esse continueranno ad affacciarsi sulla nostra esistenza, ma il nostro sguardo viene educato a vedere in Gesù di Nazareth e nei suoi seguaci veraci e fedeli, il Figlio dell'uomo che viene con potenza e gloria. A noi il compito di scoprire in Lui il nostro fine e il nostro compimento (pienezza/beatitudine), ma anche il nostro fondamento e il nostro archetipo (modello/esemplare/specchio). La nostra vita e tutto il nostro essere sono radicalmente segnati dal legame con Lui, l’unica via di grazia che permette il conseguimento della pienezza. Chiamati alla beatitudine, la troveremo in Lui. Con Lui già adesso pregustiamo le primizie di una vita e un amore più forti del peccato e della morte. Per questo non siamo “terrorizzati” davanti alle crisi economiche e ai disastri apocalittici. Non ci lasciamo “prendere dal panico” “seguendo” la menzogna dei falsi profeti, le ideologie e le mode culturali, la politica camaleontica e i tuttologi che imperversano sui media. Viviamo nel “prima”, dove Dio parla e agisce con i “segni” della Croce: come un aratro essa dissoda il terreno della storia, perché vi sia seminata la salvezza. Una linea rossa d’amore rivela la “necessità” degli sconvolgimenti nella vita degli uomini: i “terremoti, le carestie e le pestilenze” sono i frutti del peccato, ma Dio non vi si oppone, perché vuole svegliarci. Il male “deve” emergere “di luogo in luogo”, come il pus da una ferita! Solo così gli uomini saranno umili per accogliere il Medico che assuma il peccato trasformandolo in misericordia. Il rumore delle “pietre” che cadono le une sopra le altre annuncia il mistero pasquale. Esso “distrugge” ogni “spelonca di ladri”, esteriormente “bella” e degna di “ammirazione”, ma “piena di rapina e iniquità” al suo interno. Dietro a ogni “fatto terrificante” e ai “segni grandi dal cielo” vi è il Signore "forte e coraggioso" che rovescia di nuovo la pietra, rivela il potere del suo amore e rinnova il matrimonio, il lavoro, la vita intera.

 Mentre cadono le pietre, è necessaria la perseveranza                                

Mentre cadono le pietre è necessaria la "perseveranza": un cammino di conversione lungo e severo; il termine “perseverare” deriva, infatti, dal latino per (a lungo) e severus (rigoroso). La vita di un cristiano è sempre in un “agôna”, il combattimento per difendere l’intimità con Gesù in ogni relazione e attività, lasciando che le pietre issate per vanagloria cadano ogni giorno, perché Dio ricrei in noi un nuovo Tempio. E’ naturale che “tutti” si ribellino, ci “odino” e “ci mettano a morte”: sono abituati alle relazioni e ai criteri dell’uomo della carne, non comprendono e si sentono contestati dall’uomo nuovo. Guai allora se oggi il collega non ci uccidesse con quel giudizio tagliente; significherebbe che ci siamo nascosti nel compromesso offrendoci ancora come un bel tempio da ammirare. E’ naturale essere «traditi perfino dai genitori, dai fratelli, dai parenti e dagli amici» (Lc 21,16): legati a noi dai vincoli del sangue che devono essere purificati per rinascere nel sangue di Cristo, si sentono traditi da noi che non ci fermiamo più al sentimentalismo e alla passione, ma li amiamo nell’amore autentico. Sono questi i momenti in cui «metterci in mente di non preparare alcuna difesa» (Lc 21,14): l’odio che ci conduce ogni giorno ai “tribunali” e alle “prigioni” – famiglie, scuole e posti di lavoro dove siamo giudicati e rifiutati – rivela come tutta la nostra vita sia una magnifica “occasione” per annunciare il Vangelo, uno specchio dove l'amore di Dio ha scelto di rifrangersi per la salvezza d'ogni uomo. E’ necessario essere «trascinati davanti a re e a governatori» (Lc 21,12) perché in noi sia consegnato Cristo a ogni uomo. E’ «a causa del suo nome» che siamo odiati. È a causa del suo amore che oggi saremo di fronte a quella persona che ci aspettava da sempre per vomitarci ogni sua sofferenza intrisa nell’odio: proprio in quel momento Gesù stesso sarà lì vivo in noi per abbracciarla, prenderne i peccati su di sé e donarle il suo amore.

In Missione perenne                                                                                                

Siamo dunque «in stato permanente di missione». E’ quanto afferma Papa Francesco in un videomessaggio indirizzato ai pellegrini riuniti al Santuario di Guadalupe in Messico per un incontro sulla nuova evangelizzazione nel continente latinoamericano, in corso fino al 19 novembre. E osserva che «l’intimità della Chiesa con Gesù è un’intimità itinerante». Essa «suppone un uscire da se stessi, un camminare e seminare sempre di nuovo, sempre più in là»: «E’ vitale per la Chiesa non chiudersi, non sentirsi già soddisfatta e sicura con quel che ha raggiunto». Se succede questo «la Chiesa si ammala» di «abbondanza immaginaria, di abbondanza superflua, in certo modo fa indigestione e si debilita». E’ necessario «uscire dalla propria comunità e avere l’audacia di arrivare alle periferie esistenziali che hanno bisogno di sentire la vicinanza di Dio». Il Signore «non abbandona nessuno e mostra sempre la sua tenerezza e la sua misericordia inesauribile». E «non si tratta di andare come chi impone un nuovo obbligo, come chi si limita al rimprovero o al lamento dinanzi a quel che si considera imperfetto o insufficiente». L’evangelizzatore «cura il grano e non perde la pace per la presenza della zizzania». E sa anche «presentare il messaggio cristiano in maniera serena e graduale, con il profumo del Vangelo, come faceva il Signore». Bisogna «privilegiare, in primo luogo, l’essenziale e più necessario, cioè la bellezza dell’amore di Dio». D’altra parte bisogna sforzarsi di essere creativi nei metodi. «Non possiamo – è il suo monito – rimanere rinchiusi nel luogo comune del si è fatto sempre così».

 Il Richiamo del Papa                                                                                              

«L’atteggiamento del vero pastore non è quello del principe o del mero funzionario attento principalmente alla disciplina, alle regole, ai meccanismi organizzativi». Questo, è il richiamo del Papa, «porta sempre ad una pastorale distante dalla gente, incapace di favorire ed ottenere l’incontro con Cristo e l’incontro con i fratelli». Papa Francesco si sofferma dunque sulla «tentazione del clericalismo», che «tanto danno fa alla Chiesa» ed «è un ostacolo per lo sviluppo della maturità e della responsabilità cristiana di buona parte del laicato»: «Il clericalismo implica un atteggiamento autoreferenziale, un atteggiamento di gruppo, che impoverisce la proiezione verso l’incontro del Signore, che ci fa discepoli, e verso gli uomini che aspettano l’annuncio». Per questo è «importante, urgente, formare ministri capaci di prossimità, di incontro, che sappiano infiammare il cuore della gente, camminare con loro, entrare in dialogo con le sue speranze ed i suoi timori». Signore Gesù, Figlio divino che sei venuto tra noi per rivelarci l'amore del Padre fino al tuo sacrificio sulla croce, donaci la forza e il coraggio di essere tuoi fedeli discepoli, illumina i nostri cuori affinché possiamo capire il significato degli avvenimenti – della nostra vita e del mondo intero; arrendici al tuo amore e fa' che riusciamo ad essere umili, miti e generosi come te.

Padre Piotr Anzulewicz (Copyright © 2013 Qui Europa)

Comunità Francescana, Catanzaro – "Circolo Culturale San Francesco" 

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