Impariamo dagli Islandesi – Un Popolo Unito che vinse la Truffa del Debito

Venerdì, Febbraio 22th/ 2013 –

– di Sergio Basile e Giovanni Antonio Fois – 

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Impariamo la Lezione Islandese: un Popolo

Unito che vinse la Truffa del Debito

La Rivoluzione Silenziosa che L'usura internazionale teme

Dall'Islanda alla Grecia, lezioni di storia contemporanea

L'Omertà della Stampa e dei Politici alla vigilia delle elezioni 

Iceland Revolution

Reykjavik – Molti storici contemporanei l'hanno celebrata con l'emblematica ed eloquente espressione di "Rivoluzione silenziosa", anche se in cuor nostro temiamo che questa storia possa mai entrare in pompa magna nei libri di testo ufficiali. Troppo scomoda, "troppo rivoluzionaria" per un sistema economico-bancario basato  – come ci insegna l'economista John Kenneth Galbraith – su un'economia della truffa; abituato a dettare le regole del gioco, le leggi ed a regolare in maniera invasiva anche i meandri più nascosti della vita sociale e politica di ciascuno, come un grande leviatano di tocquevilliana memoria. Un leviatano che con la complicità di ben pagati ed asserviti media tende da sempre ad ovattare e a nascondere quanto possa far capire – o almeno intuire – la verità all'umanità intera,  schiavizzata attraverso due strumenti fondamentali: le armi e il debito.

 Aspettando le elezioni – Una lezione per tutti gli Italiani 

La "Vera Rivoluzione" oggi in esame è quella che ci parla del riscatto di una Nazione intera, di uno stato sovrano: l'Islanda. E lo facciamo volutamente e puntualmente mentre in Italia media e politica sembrano non ricordare, concentrandosi – quando la scadenza delle fatidiche elezioni truffa è ormai prossima – su problemi più o meno importanti, ma non centrali. Non assolutamente essenziali, e vedremo il perchè! Ci accingiamo a raccontarvi questa storia di rinascita sociale ed economica mentre – per contro – gli Italiani aspettano ansiosi di celebrare i vincitori del famigerato porcellum (elezioni pilotate nelle quali i cittadini ancora una volta non sceglieranno un bel niente). "Eroici" e fin troppo "idolatrati" personaggi che restano – nostro malgrado – lontani anni luce dai protagonisti della nostra storia.

 La Rivoluzione Silenziosa – Uno per tutti e tutti per uno 

La "Rivoluzione Silenziosa" islandese è stata quella che ha portato circa 300 mila anime (tanti sono gli abitanti dell'isola-stato europea, nota come "Iceland") verso la riappropriazione dei propri diritti. Sconfitti gli interessi economici di Inghilterra ed Olanda e le pressioni dell'intero sistema finanziario internazionale, gli Islandesi intuirono l'importanza di sottarre il controllo bancario alla speculazione privata, nazionalizzando le banche e avviando un processo di democrazia diretta e partecipata unico nella storia del Vecchio Continente. Un processo importante – quanto censurato da tutti i giornali ed i TG occidentali "di regime" – che ha portato addirittura alla creazione di una nuova Carta CostituzionaleÈ la storia di una delle nazioni più ricche al mondo (qual era anche l'Italia prima dell'avvento dei tecnici e dell'euro) che ha affrontato la crisi-indotta peggiore della sua storia (ancora un'analogia impressionante con l'Italia) uscendone, tuttavia, a testa alta e con la consapevolezza di essere guidata da un grande uomo – il suo Presidente – ed abitata da onesti ed informati cittadini, infiammati da un profondo e fulgido amor patrio. Come scriverebbe Dumas: "uno per tutti e tutti per uno!". 

 Islanda, da Regina a Cenerentola – Il Giochino Liberista delle banche   

L'Islanda, fino a qualche anno fa, era il quinto Paese al mondo per reddito procapite. Oggi la vicenda islandese può essere considerata un esempio per tutti i popoli europei, rassegnati all'essere schiavi del debito pubblico. Ma perchè – ci chiediamo – la rivoluzione pacifica che ha consentito all'Islanda di scrollarsi di dosso il deficit è stata drasticamente censurata da  quasi tutti i media? Semplice! Onde evitare che i cittadini dell'Ue (ed in particolar modo quelli della gabbia chiamata Eurozona) ne potessero prendere spunto, traendone giovamento reale. Ma partiamo dall'inizio. Agli albori del nuovo millennio, quello islandese poteva essere considerato uno dei principali modelli di neoliberismo finanziario, un modello all'interno del quale le principali banche si apprestavano ad essere privatizzate e all'interno del quale – per contro – nascevano i primi prototipi di conti a prestito on line che, grazie ai costi di gestione ridotti al minimo, permettevano l'applicazione di un alto tasso d'interesse in favore degli nvestitori.  Numerosi cittadini europei (Olandesi e Inglesi fra tutti) accorsero per approfittare di questa ricca offerta. Con l'avanzare del tempo si moltiplicarono le utenze on line disposte ad investire nell'''IceSave'', costringendolo in breve tempo al tracollo. La conseguenza fu che la Landsbanki, garante per il suddetto conto, dovette dichiarare bancarotta e che lo Stato dovette procedere alla nazionalizzazione della stessa e al pagamento del debito richiedendo parte dei fondi necessari all'estero. Dal 2003 al 2007 si verificarono numerosi casi analoghi e altre importanti banche, come la Kaupthing e la Glitnir, caddero come da copione in rovina, costringendo il governo ad aumentare il debito estero fino a raggiungere il 900% del PIL (prodotto interno lordo) del Paese.

 Nella Trappola dell'FMI  

La corona islandese  perse circa l'85% del suo valore sull'euro, decuplicando l'importo. A questo punto l'Unione Europea, in accordo col primo ministro conservatore Geir Haarde, si incaricò di "far fronte" alla situazione, attingendo al famigerato Fondo Monetario Internazionale. Così il popolo islandese si ritrovò di punto in bianco indebitato per qualcosa come 4 miliardi e 100 milioni di dollari americani. Una cifra spropositata per un Paese che conta poco più di trecentomila persone. Secondo i calcoli effettuati ciò avrebbe costretto ogni cittadino a sborsare un centinaio d'euro in più al mese dal proprio stipendio –  per 15 anni, e per un totale di 18mila euro a testa – e ciò per rientrare da un danno indotto dai banchieri privati. La stessa politica con la quale oggi si trovano a fare i conti molti altri paesi Ue: Grecia in primis, seguita a ruota dalla stessa Italia. E' indicativo il fatto che il solo scandalo MPS ci sia costato 4 miliardi e mezzo di euro. E con reazioni di politici, media e opinione publica nettamente diverse. Per non parlare degli effetti dell'IMU, del Fiscal Compact, del MES, del Redemption Found e degli altri inutili accidenti recessivi e debitocratici di sorta nati dalla mente distorta dei tecnocrati di Bruxelles: sempre tuttavia avallati dai vassalli della politica italiana contro gli stessi interessi del Paese. Ma torniamo ai fatti.

  Modello Italia – La Resa del governo ai diktat dei banchieri 

Nell'aprile del 2009, il nuovo governo di sinistra, eletto con elezioni anticipate, pur condannando il modello neoliberista imposto finì per cedere fin da subito e senza troppe chiacchiere alle richieste dell'FMI e dell'Usura Internazionale. Il governo propose un piano di rientro  pluriennale  dal debito (15 anni) attraverso il pagamento di 3 miliardi e mezzo di euro con un interesse del 5,5% ed a fronte – ribadiamo – di debiti sorti tra banchieri privati verso altri privati, ma gettati sulle spalle della cittadinanza. Vi dice niente questo?

  Al Bivio – Uniti contro l'usura: un Popolo e un Presidente 

Allora il popolo islandese si trovò ad un bivio: pagare o non pagare? Bisognava tener presente che l'Inghilterra e le altre ''potenti'' nazioni interessate, minacciavano addirittura l'embargo, cioè la paralisi dei traffici commerciali. Eppure l'intera Nazione, riunita nella piazza principale di Reykjavík si schierò apertamente contro le scelte del governo, sostenendo il proprio dissenso. Seguirono le dimissioni del primo ministro e l'indizione di un referendum per far scegliere direttamente ai cittadini sul da farsi. Decisivo fu l'intervento del capo dello Stato, Ólafur Ragnar Grímsson, il quale con gran coraggio ed orgoglio prima si rifiutò di ratificare la legge che gettava il peso della crisi sulle spalle dei suoi concittadini e poi decise di indire il suddetto referendum. Come dire: un Giorgio Napolitano al contrarioIl 93% degli islandesi ribadì le proprie posizioni e, senza versare una goccia di sangue, l'Islanda annunciò al mondo intero che non avrebbe pagato un solo dollaro del debito pubblico maturato e, nella stessa occasione, fu proclamata la stesura di una nuova Carta Costituzionale, in sostituzione di quella del 1944, basata sul modello danese.

 Una Nuova Costituzione Anti-Truffe redatta dal popolo 

Questo nuovo documento, redatto da 25 cittadini eletti dal popolo su 522 candidati – rigorosamente non appartenenti a nessun partito, a nessuna loggia massonica o club e rigorosamente non tesserati con aluna segreteria politica –  inglobò nuove leggi, formulate a seguito della lezione appresa durante la crisi e scritte ad hoc per far si che un simile attacco fosse destinato a restare per sempre solo un brutto incubo. L'Islanda riaffermò il principio  della sovranità assoluta della volontà popolare: chiunque poteva seguire i progressi dei lavori on-line della nuova Costituzione, poteva commentarne le bozze e lanciare le proprie proposte di integrazione. Non più dunque costituzioni ambigue ed a porte chiuse, ma concepite alla luce del sole. Vennero inoltre emessi mandati di cattura internazionale per i banchieri responsabili di tale scempio finanziario. Oggi l'Islanda è una nazione in piedi, costantemente in crescita. La disoccupazione è pressochè inesistente e il reddito pro capite annuo si aggira intorno ai 40.000 dollari. Non un miracolo, ma la semplice assunzione di precise responsabilità e la volontà di non svendere la propria sovranità finanziaria e monetaria a nessuno, mettendo davanti a tutto l'amore per il proprio Paese ed i propri concittadini. Quello che evidentemente nella marcia Italia soggiogata dai poteri forti è mancato, e ancora – malgrado le promesse elettorali – non si vede. Credete che gli Islandesi oggi se la passerebbero così bene se avessero pagato l'ammontare  fittizio ''dovuto''?

 Una lezione di civiltà all'Europa e al Mondo intero 

Quest'isola remota del continente europeo ha dato una grande lezione di democrazia e di sovranità popolare e monetaria a tutto l'Occidente, dimostrandosi capace di contrastare pacificamente i colossi finanziari che la tenevano sotto scacco. Un'importante esempio d'esaltazione dei principi della società civile e del diritto di cittadinanza per noi Italiani, per i Greci, per tutto il mondo. Ma ci chiediamo: quando si decideranno i nostri cosiddetti politici a seguirlo? Quando si decideranno davvero a liberarci da questa insulsa e disumana schiavitù? Finora, infatti, malgrado le molteplici promesse pre-elettorali nessuno dei cosiddetti eroi della politica e dell'anti-politica sembra proporre il "modello Islanda" quale panacea per uscire dalla crisi e dalla truffa dell'Eurozona. Se – come pare – i nuovi erori del prossimo governo continueranno a beffarsi di noi reggendo i giochi dell'euro-casta allora non rimarrà altro da fare che seguire l'esempio islandese e puntare tutti su Roma, per una pacifica e decisa occupazione di massa dei palazzi del potere.

Sergio Basile, Giovanni Antonio Fois (Copyright © 2013 Qui Europa)

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