Kiev – Capolinea azzurro

Lunedì, Luglio 2nd / 2012  

– di Mario Luongo –  

Finale Euro 2012 / Italia-Spagna / Kiev / Del Bosque / Prandelli / Cassano / Balotelli / Di Natale / Thiago Motta / Xavi / Silva / Jordi Alba / Torres / Mata / Infortuni nazionale italiana / Mario Monti  

Kiev – Il capolinea azzurro

Le furie rosse battono l’Italia 4-0

La fine di un sogno in cui avevamo creduto

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Kiev – Il post partita, come quasi tutti i postumi di qualcosa di intenso, è la fase più dura da digerire. Come dopo una mangiata pantagruelica o una notte di bevute, il “mentre” è piacevole, ma il brutto arriva dopo. Per strada qualche macchina sfila solitaria, un pò coraggiosa forse, sicuramente non vittoriosa. Persone di ogni età con maglie della nazionale, coi volti  tristi dipinti con il tricolore tornano con aria malinconica a casa; bandiere appese ai balconi delle case, fino a poco fa festosi auspici, sembrano ora colorati manifesti funebri. Eppure il morto non c’è stato, o meglio c’è stato in parte. Quella di Kiev, stasera è sicuramente una batosta per la nazionale italiana, un punteggio pesante da digerire che in futuro (stiamone certi) tornerà a perseguitarci, ma il quid è che la sconfitta proprio per questo assume toni meno tragici. La nazionale di Prandelli, quella dei “miracoli” almeno fino a stasera, ha mostrato i suoi punti deboli, il suo lato  più umano, dopo le ultime partite in cui era prevalso quello eroico. E l’ha fatto tutto in un colpo. Senza quasi opporre resistenza, se non qualche rara buona giocata diluita qua e là in novanta minuti di Spagna. Ci abbiamo sperato, ci abbiamo creduto e non senza motivo, perché i presupposti c’erano, nonostante i pronostici a noi sfavorevoli e forse proprio per questo poteva essere più bello, magico. Siamo andati avanti con poche speranze fin dall’inizio, ma conquistando fiducia e convincendo l’Europa intera partita dopo partita, macinando squadre di tutto rispetto. Anche loro partivano favorevoli, eppure..

  Nulla di cui stupirsi  

Quindi non c’è molto da stupirsi delle lacrime di Bonucci, di Balotelli, degli occhi lucidi di Pirlo; sono lacrime di chi ha creduto in una scommessa difficile, persa in partenza per molti, persa alla fine nei fatti. Il risultato parla chiaro, anche troppo, e lo svolgimento del match non lascia spazio a rimorsi, dubbi, se o ma. Le furie rosse hanno travolto la squadra azzurra, impietosamente, giocando secondo le loro regole, imponendo il loro tipo di gioco ad avversari poco reattivi. L’Italia è entrata in campo con pochissime forze e poca testa ed i risultati si sono visti fin dai primi minuti: si gioca a contenere un avversario per certi versi incontenibile, senza creare quel gioco che ha incantato la Germania e travolto l’Inghilterra, con sporadiche mischie in area o qualche tiro di Cassano che non impensierisce Casillas. Il primo segnale arriva al’14 con il gol di Silva su splendido assist di Fabregas ed è solo il primo di una lunga serie. La Spagna sfiora il raddoppio in più di un’occasione fino al 41 quando Jordi Alba, lanciato dopo un triangolo impeccabile con Xavi, supera Buffon in uscita.

  Muscoli e Fiato   

 Il secondo tempo non ha portato al cambiamento di rotta sperato, vuoi per mancanza di muscoli e fiato, vuoi per mancanza di coraggio, fatto sta che neanche il cambio Cassano – Di Natale dà i suoi frutti, anzi l’attaccante dell’Udinese spreca una buona occasione che avrebbe potuto dare un briciolo di speranza. Ma probabilmente neanche un inaspettato gol avrebbe portato gli azzurri a resistere per i restanti minuti alle furie rosse; non in quelle condizioni fisiche, non con quel gioco.  Crampi e stiramenti sono stati fedeli compagni di partita della squadra e hanno inciso sull’andamento del match e sul suo risultato che,forse, poteva essere meno inclemente. Thiago Motta, subentrato a Montolivo, dopo cinque minuti di gioco è costretto a lasciare il campo per problemi muscolari, lasciando la squadra in dieci già al 61. Sfortuna, ingenuità di Prandelli, troppo affaticamento della squadra o forse tutto questo insieme hanno consegnato alla Spagna una partita già per metà ipotecata. Gli ultimi trenta minuti hanno visto l’Italia difendersi alla meno peggio contro le ordinate ed implacabili geometrie iberiche, senza poter evitare le reti di Torres e del neo entrato Mata e provando a stento a reggerne il gioco. Il fischio dell’arbitro Proença ha un che di liberatorio per gli Italiani a casa e nelle piazze, forse anche per quelli in campo.

  Le lacrime del duro   

Fatto sta che vedere un rinomato bad boy come Balotelli piangere in silenzio durante la premiazione spagnola, ha fatto commuovere mezza Italia; ma questo è il segno che l’attaccamento alla nazionale c’è da parte di tutti, c’era la volontà di fare bene e molto è stato fatto, forse anche troppo, considerando le scarse aspettative del solito italiano sfiduciato e pessimista fino all’arrivo delle prime vittorie; della serie “Ma dove vogliamo andare con questi in campo”, trasformati dopo qualche partita in “Ve l’avevo detto io che quest’anno non ce n’è per nessuno!” Insomma l’Italia da Bar Sport che volenti o nolenti ci piace e ci rappresenta e che dopo l’amara sconfitta a Kiev ritornerà a sputare sentenze su chi ha sbagliato cosa.

  Al solito Bar Sport   

Il primo imputato è Prandelli, bravo a creare dalle macerie del mondiale in Sud Africa una squadra che da tempo non vedevamo in campo, che gioca un bel calcio e piace, a detta di qualcuno anche migliore dell’Italia di Lippi del 2006. Le scelte del ct in questa partita forse potevano essere migliori (l’ingresso di Motta su tutti), ma non è imputabile solo a lui la sconfitta né tantomeno le critiche su un torneo disputato impeccabilmente e perso in finale con la squadra attualmente più forte: la Spagna dei record, del triplete, la prima ad aver vinto di seguito due Europei ed un mondiale. Non male, insomma essere secondi ad un team di fenomeni, abituati a vincere tutto.

  Il professor Monti e la Gufata Estrema  

Il secondo imputato principale è (ironicamente) il professor Monti, scelto dai social network come bersaglio preferito e capro espiatorio di questo 4-0. La sua presenza in tribuna affianco a Platini (che somiglia sempre più ad un moderno Napoleone) e Rajoy è stata interpretata, col senno di poi, come la “gufata estrema”, sottolineata anche dalla sua scarsa partecipazione durante l’inno di Mameli. Monti a parte, l’attenzione ora va spostata sul futuro di questa nazionale nel segno di Prandelli, non criticando gli sbagli che sono stati davvero pochi seppur fatali, ma cercando di evidenziarne i pregi, i successi a prescindere dai risultati, come l’aver mostrato al mondo un gioco che in Italia non si vedeva da tempo. Per una volta proviamo a trattenerci dalle facili critiche a partita finita, che sono bravi tutti. Per una volta, “stringiamci a coorte”, restiamo uniti. Almeno nel calcio.

  Mario Luongo  (Copyright © 2012 Qui Europa)                                                                            

DeliciousDiggGoogleStumbleuponRedditTechnoratiYahooBloggerMyspaceRSS
ICO APPDavide Veraldi logo

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Login

Share This Post

DeliciousDiggGoogleStumbleuponRedditTechnoratiYahooBloggerMyspaceRSS

Archivio Qui Europa