Buon pranzo a tutti! – Nuove Vocazioni: suore cameriere, monaci gastronomi

Giovedì, 10 Novembre/ 2016   

di Roberto Pecchioli

 Redazione Quieuropa, Roberto Pecchioli, Chiavari, nuove vocazioni, suore cameriere, educazione  

Buon Pranzo a tutti! – Nuove Vocazioni:

suore cameriere, monaci gastronomi 

Il silenzio sull'anima

 

di Roberto Pecchioli

Buon Pranzo

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 Nuove vocazioni…                                                    

Chiavari  di Roberto Pecchioli – Le suore di Santa Marta, nella bella città ligure di Chiavari, possiedono un antico convento ed istituti scolastici di ogni ordine e grado. Lì si è formata l’istruzione e l’educazione morale di generazioni di bambine e ragazze del Tigullio. Adesso è largamente ridimensionata l’offerta scolastica, tra denatalità e calo delle vocazioni religiose.  In compenso, parte del bellissimo edificio vicino al mare è stato trasformato in albergo, ed alcune monache fanno le cameriere e le operatrici turistiche. La TV dei vescovi, in linea con analoghe trasmissioni di molte altre emittenti, ha un programma quotidiano di cucina affidato ad un frate cappuccino. Molti conventi e monasteri sono trasformati in “bed & breakfast” o agriturismo, con i superstiti religiosi a fungere da albergatori, cuochi, guide turistiche, sguatteri o maggiordomi. Dovunque in Europa, edifici religiosi di antica bellezza vengono trasformati o venduti per usi profani, con ordini religiosi e curie vescovili convertite in agenzie immobiliari. Segni dei tempi, di cui prendiamo atto con tristezza. Quello che non riusciamo proprio ad accettare è che gli operai della vigna del Signore facciano tutt’altro rispetto alla loro vocazione. La cosiddetta scelta antropologica, lascito improvvido del Concilio Vaticano II, aveva già trasformato la Chiesa in una struttura più interessata a Babilonia che a Gerusalemme, per usare il linguaggio del grande medioevo cristiano. Teologi alla moda come Karl Rahner avevano già enunciato la stravagante teoria del cristiano anonimo, secondo la quale tutti gli esseri umani hanno una consapevolezza latente di Dio in tutte le esperienze. Poiché tale esperienza è “la condizione di possibilità" per conoscere e per la libertà come tale, tale esperienza è definita trascendentale, come in Kant, il protestante che innalzò l’illuminismo sino al punto da definirlo la filosofia che ha fatto uscire l’umanità dall’infanzia. La salvezza ha carattere universale, è quindi rivolta anche alle animae naturaliter christianae, talché – secondo questo nuova moda mondana… Ndrrisulta pura superbia la pretesa della Chiesa di essere l’unico strumento di salvezza.

 L'abito faceva il monaco…                                      

In quest’ottica, anche il ruolo dei consacrati si affievolisce, per cui nulla di strano che religiose e presbiteri svolgano, di fatto, professioni e mestieri “mondani”. Non era così diversa l’idea dei preti operai, nella Francia del dopoguerra. E’ ormai raro incontrare per strada un sacerdote che vesta l’abito talare, e non sono pochi quelli che non si fanno riconoscere neppure dal “collarino”, da una croce sul risvolto della giacca, o, più spesso, del maglione. Diverse monache girano senza calze d’estate, e la sciatteria personale sembra l’elemento comune dei membri del clero. L’abito non fa il monaco, ma quanto sarebbe bello riconoscere già dall’abito un uomo o una donna di Dio! E quanto sarebbe meglio poterne apprezzare una certa “gravitas” comportamentale, un linguaggio che non indulgesse al gusto corrente, al semplicismo, persino alle scurrilità. Saranno i tempi, sarà un’astuzia della ragione di una Chiesa al passo con la storia, non compresa da vecchi gufi come chi scrive, ma non sembra che il prestigio e la presa della religione cattolica siano in ascesa, da quando hanno abbandonato abito e linguaggio.

 Il silenzio sull'anima                                                 

Ogni domenica, chi ascolta l’Angelus di Bergoglio ha il piacere di sentirsi augurare il buon pranzo dal vicario di Cristo (?), ma quasi mai ascolta parole di spiritualità, di richiamo ai principi della santa Chiesa, di monito rispetto al faticoso dovere di ciascuno di salvare la propria anima, e, possibilmente, quella altrui. Anzi, il silenzio sull’anima, sul destino ultimo di tutti e di ognuno, è , come oggi si dice, assordante. In compenso, si aderisce alle manifestazioni promosse da un movimento politico, come il Partito Radicale, che ad un cuore cattolico non può che ripugnare. Divorzisti, abortisti, sostenitori e promotori dell’eutanasia e dell’omosessualismo, favorevoli all’uso di droghe dietro la cortina di fumo dell’antiproibizionismo, sono tenuti in palmo di mano dall’ospite di santa Marta, che

                                ha definito Emma Bonino,

         quella che procurava aborti con pompe di bicicletta,

                     “una grande italiana contemporanea”.  

                                         J.M.Bergoglio

Nulla di strano, dunque, che le suore di Santa Marta, che hanno educato alla vita generazioni di donne e di madri, favorito splendide vocazioni religiose, diffuso sapienza e fede, facciano le colf. Avranno la mutua, l’Inps, forse anche un orario di lavoro definito, magari formeranno sindacati per difendere i loro diritti di lavoratrici. I frati cuochi diventeranno stelle televisive, forse la loro competenza gastronomica farà innalzare l’istogramma degli ascolti. Ad un cristiano sbarcato dal passato – un passato che durò quasi venti secoli, però –

             fa impressione non ascoltare più il nome di Dio

non sentire più la cura per le anime, quella direzione spirituale e quella fraterna, ma inflessibile correzione dei comportamenti che associavamo un po’ tutti all’abito ed alla vocazione. Non ci sembra neppure di intravvedere l’esempio che tanti seppero dare con semplicità, quella quotidiana santità che era come un profumo, un anticipo del divino. Simone, futuro Pietro, lo disse a Gesù (Vangelo di San Giovanni 6,68) con quello stupore di bimbo che è forse il segno più vero della fede:

       Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna

Oggi, diamo gli ingredienti per un buon pranzo, secondo l’augurio e le intenzioni dell’uomo vestito di bianco, indichiamo gli orari dei musei cittadini e consegniamo le chiavi delle stanze ristrutturate che un tempo si chiamarono celle a frettolosi viaggiatori, anzi a semplici turisti.

 Una chiamata misteriosa e grande                         

Il grande cardinale Siri, poco prima di morire, scrisse che malattie come l’AIDS sapevano di castigo di Dio per il disordine morale e sessuale di troppi (in effetti il male morale e il disordine insito nel "fenomeno AIDS" non coincidono proprio con quella che si chiama "benedizione divina", anzi! Pur essendo l'origine dell'AIDS molto controversa… vedi allegati – D'altronde Dio punì Israele reo di idolatria prima ammonendo per bocca dei profeti quel popolo di dura cervice e poi "usando" i babilonesi per la storica deportazione del "popolo eletto"… Ndr). Siri venne insultato e zittito come un vecchio non più padrone di sé dall’interno stesso della Chiesa. Se parlasse oggi, verrebbe smentito in diretta televisiva dalla sala stampa vaticana, subirebbe la reprimenda di monsignor Becciu e probabilmente verrebbe espulso con ignominia dalle emittenti cattoliche per difetto di misericordia. Tanti parroci, anche animati dalle migliori intenzioni, fanno della loro missione una sorta di volontariato di assistenza sociale. Gran cosa, ma da piccoli, a “dottrina”, come si diceva allora, ci spiegavano che le buone opere si dovevano fare in nome e per amore di Dio, e che quello era il significato della parola carità. Una madre di ottimi sentimenti, parlando della frequentazione dell’oratorio parrocchiale da parte dei suoi figli, si disse felice ed ammirata del curato , perché “i bambini non li fa pregare, non parla mai di Dio, di paradiso e di inferno”. Viene da chiedersi perché si sia fatto sacerdote, e magari suggerire alle aspiranti monache di munirsi di un diploma dell’istituto alberghiero. Da sempre, siamo convinti che il servizio sacerdotale sia una vocazione,

             una chiamata misteriosa di quel totalmente altro

                         che si fa vivo in coloro che sceglie.

Avere una vocazione è, in grande, come sentire tutta la forza di un’identità o di un’appartenenza, che si vuole manifestare ed estendere. Ma molti non testimoniano neppure con l’abito, e con i doveri che comporta, la chiamata che ebbero. Anzi!

Roberto Pecchioli (Copyright © 2016 Qui Europa)

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