Approvato il Decreto della Vergogna della Politica Italiana

Mercoledì, Dicembre 12th/ 2012

– di Sergio Basile –

 

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Approvato il Decreto della Vergogna della

Politica Italiana 

 

Si ripete dopo due anni il medesimo copione seguito 

 

con la Grecia: schiavi Italiani costretti ad indebitarsi 

fino al 2024 per 230 miliardi di euro per l'acquisto 

di distruttive ed immorali macchine di morte

 

L'ultimo regalo del "Dimissionario" Governo Monti

e del Parlamento Italiano all'amata Nazione 

 

Roma – Nella giornata di ieri, malgrado gli appelli dell'Osservatorio Nazionale sulle politiche comunitarie – "Qui Europa" – e le lettere inviate dalla nostra redazione a tutti i deputati italiani – unite a quelle inviate da centinaia di attivisti per la pace e associazioni laiche e cattoliche – il Ddl del "tecnico" Di Paola sulla Difesa è diventato legge di Stato: indubbiamente uno degli ultimi scempi, forse il più grande – anche se in effetti c'è l'imbarazzo della scelta – del governo Monti, del "governo dimissionario". Un'eredità niente male! Quella che potremmo definire la degna ciliegina sulla "torta dei tecnici".

 Il Decreto della Vergogna  della politica italiana 

Ma perchè potenziare all'inverosimile (e nel tempo della cosiddetta crisi) le Forze Armate italiane? Chi dovremmo attaccare e distruggere? L'Italia non era forse, come ci ricorda l'art.11 della Costituzione) una nazione che ripudiava la guerra? Quali interessi dovremmo servire nel prossimo futuro? Forse quelli della Nato in una guerra "palese" contro Siria o Iran? Per non parlare poi dei "sacrifici" fatti dalle famiglie italiane in nome del dittatoriale "Fiscal Compact" e sull'onda di misure diaboliche quali la spending review ed il Patto di Stabilità preteso dall'impero Ue. Che fine hanno fatto dunque i risparmi degli Italiani e le accise darecord sul carburante? Che beneficio ha avuto il popolo italiano dall'essersi trasformato forzosamente in un esercito di schiavi muti ed obbedienti? Ve lo dico io: un incremento del debito pubblico di quasi 100 miliardi di euro, l'oblio sensa fine della recessione perenne (regalone di Natale 2012 e dei prossimi natali… ); ricapitalizzazioni bancarie "facili"; pagamento di interessi bancari da usura alle solite mafio-banche e – dulcis in fundo –  porte aperte alla Guerra.

 230 miliardi in armamenti – I deputati italiani dicono si 

Come visto in precedenti articoli, con Di Paola – il tecnico-ammiraglio amicone della Nato e dalla spesa facile – l'Italia è diventata una delle più potenti, spietate e ciniche macchine da guerra europee (e non solo), cui costi esorbitanti pari a 230 miliardi di euro – tra l'altro – saranno pagati a suon di lacrime e sangue dagli Italiani tutti fino – udite, udite – il 2024. E’ vero che il decreto prevede maggiori controlli sulle procedure di acquisizione degli armamenti per le FFSS, ma per contro è anche vero che tali controlli parlamentari saranno efficaci solo per i programmi di armamento futuri. cioè per quelli dei prossimi decenni. Ennesima presa in giro insomma!

 La lista della morte – Stesso copione della Grecia 

Per ora via libera a spese pazze ed immorali in armi di morte. Non solo F 35. La lista è piuttosto corposa: velivoli blindati “Freccia” di Iveco e Oto Melara (che gli Italiani avranno sul groppone fino al 2016);  sottomarini U 212;  elicotteri d’attacco NH90 di AugustaWestland (che dovremmo di finire nel 2021); aerei AW101; missili “Spike” in rifornimento ai Mangusta”; 40 blindati multi-uso e anti-mine del consorzio tedesco Iveco-Krauss (costo 120 milioni di euro ma c’è l’opzione per altri 40); velivoli  senza pilota tattico UAV; aerei da guerra MC-27J. Insomma, questi signori hanno fatto con noi Italiani, la stessa cosa che la coppia Sarkozy-Merkel fece con i Greci nel 2011, costringendo il pacifico popolo ellenico in recessione a dissanguasi per acquistare sottomatini, carri amati e via dicendo, per miliardi di euro. Tutto a vantaggio delle lobby che servono gli interessi globali dei signori della guerra. Da voltastomaco!

 Dittatura pura  

D'altra parte – come ha notato in queste ore anche il coordinatore della Rete Disarmo per l'Italia, Francesco Vignarca – "perchè ipotecare i prossimi 12 anni del nostro Paese, se non sappiamo nulla di chi governerà, di quali saranno gli interessi in gioco e le necessità?”. E' evidente! Un passo strategico quanto inutile, immorale e che aggrava ancor di più la spesa pubblica italiana in uno dei periodi più bui della storia del Paese e dell'Europa intera. E poi come dimenticare il fatto che l’industria delle armi è responsabile del 40% della corruzione mondiale, e che noi ogni anno – da parte nostra – già destinavamo il 40% del nostro budget in armamenti e difesa? Se non lo avete ancora capito, questa è dittatura pura cari lettori! La Democrazia – in coma da decenni – è definitivamente morta e sepolta da un anno a questa parte. Per la verità – a parer nostro – dall'ingresso nell'Eurozona. ma questa è un'altra storia…

 Un Crimine  

Ma la cosa pazzesca è che ancora una volta il decreto è passato anche con i voti di membri del Pdl. Lo stesso Pdl che fino a ieri  inscenava l'ennesima pubblica protesta contro l'imbroglio del debito da "spread pazzo" avallato ed alimentato da Monti e dai suoi compari. Alla faccia dei poveri, dei disagiati, dei disoccupati e di quanti aspettano da quasi un anno ricoveri improbabili, visti i tagli del 50% fatti alla sanità ed ai posti letto. Un crimine! Sfido chiunque a dire e sostenere il contrario! I criminali dovrebbero stare in galera. Ma in Italia ciò non accade, e ce li troviamo ancora a Palazzo Chigi. E buona parte di essi, in Parlamento.

 La scusa ufficiale 

Sapete qual'è stata la scusa posta a difesa del decreto dallo stesso Di Paola? Che il mercato delle armi va intensificato poichè genera ricchezza e nuovi posti di lavoro. altra bugia assoluta, carissimo ammiraglio! Decine di studi di settore lo dimostrano. Ma ciò non sembra più interessare a nessuno, in uno stato di assoluta decadenza morale ed anomia acuta. L'unica consolazione, almeno per chi è cristiano, è sapere che dall'altra parte che un Dio che vede e provvede, ed al momento giusto presenterà a tutti il debito conto. Questo delirio di onnipotenza dei "nobili burattini" del sistema, è davvero patetico, cari lettori. Per fortuna che Dio esiste! Da parte nostra è l'unica certezza che ci è rimasta in un mondo marcio ed avvolto nelle tenebre. 

Sergio Basile  (Copyright © 2012 Qui Europa)

 

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Per onor di cronaca alleghiamo un articolo giratoci nei giorni

scorsi dall'On. Andrea Sarubbi (Pd) datato 5 Dicembre 2012.

Diamo merito all'On. Sarubbi di non aver avallato questa assurdo

decreto e di aver difeso i suoi valori cristiani  e morali in Aula.

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"Quanta fretta" 

    di Andrea Sarubbi, deputato

Con una rapidità estrema, rispetto ai tempi biblici del Parlamento, è arrivata in Aula la delega al governo per la revisione dello strumento militare. È una legge con parecchi chiaroscuri: non per quello che c’è scritto nel testo, ma per lo spazio enorme di manovra che lascia al ministro della Difesa e per la tempistica a mio parere inopportuna, trovandoci ormai a fine legislatura e dunque ad un passo dal cambio di governo. Dalla Tavola della pace e dalla Rete disarmo sono arrivate parecchie critiche, alcune un pò forzate ma altre no: nel mio intervento di stamattina, alla Camera, ho esposto anche i miei dubbi, convinto che non siano poi così isolati nel resto d’Italia.

ANDREA SARUBBIParto da lontano: due anni e mezzo fa, Savino Pezzotta ed io presentammo una mozione, che chiamammo mozione Colomba e che arrivò in quest’Aula il 28 marzo scorso. La mozione approvata (poi divenuta risoluzione, per qualche inghippo procedurale, ma il senso è quello) era un po’ più morbida di quella inizialmente presentata, ma ci sembrò comunque un bel passo in avanti: impegnava il governo a “subordinare qualunque decisione relativa all’assunzione di impegni per nuove acquisizioni nel settore dei sistemi d’arma al processo di ridefinizione degli assetti organici, operativi e organizzativi dello strumento militare italiano”. Per dirla con le parole della Tavola della pace, della Rete disarmo e di tutte le associazioni che invitavano in quei giorni il Parlamento a resistere alla tentazione di giocare a Risiko con i cacciabombardieri, “prima discutiamo compiti e obiettivi delle nostre Forze armate e poi decidiamo gli acquisti di cui abbiamo bisogno”.
Oggi, in teoria, dovrebbe essere una bella giornata: il giorno in cui, appunto, discutiamo tutti insieme compiti e obiettivi delle nostre Forze armate. La realtà è invece diversa: innanzitutto – per quanto non ignori la richiesta del Consiglio supremo di Difesa, formulata pochi giorni fa, di approvare questa riforma entro fine legislatura – mi riesce molto difficile spiegare ai miei quattro elettori, e anche a me stesso, come mai questo Parlamento riesca a marciare così veloce quando si tratta di spese militari e poi si impantani sulle riforme più attese. Inoltre, ed è questa la mia critica principale, io davvero pensavo che avremmo discusso il modello di difesa tutti insieme. Tutti insieme: lei, signor ministro ammiraglio, ed io, obiettore di coscienza a mani nude provvisoriamente deputato della Repubblica. Non avevo capito, perché non c’era scritto da nessuna parte, che il Parlamento avrebbe firmato una carta quasi in bianco – e se non è proprio in bianco il merito è del Pd – al ministro della Difesa, quando ormai la legislatura sta per finire, e che gli avremmo detto di pensarci lui. No, non era questo che noi intendevamo quando parlavamo di “revisione dello strumento militare”.
Come gli addetti ai lavori ricorderanno, e come tutto il mondo pacifista sa bene, la proposta iniziale del PD, più di un anno fa, era quella di formare addirittura una “bicameralina”: la revisione dello strumento militare è una cosa seria e quindi bisognava farla bene, affidando al Parlamento il compito di procedere ad una revisione complessiva del modello militare, partendo dagli scenari internazionali e dai nostri obiettivi strategici. Perché il Parlamento rappresenta tutta la Nazione, tutte le sensibilità che – in modo particolare sulla difesa – nell’opinione pubblica sono davvero variegate. L’idea della bicameralina è saltata – per colpa di chi qua dentro è ancora maggioranza, fortunatamente ancora per poco – ma non viene meno l’esigenza che sia appunto il Parlamento a riscrivere una strategia di sicurezza nazionale. E dovrà avvenire nella prossima legislatura.
Non solo il Parlamento qui rischia di non toccare palla, ma all’inizio questa revisione dello strumento militare assomigliava terribilmente a un blitz, che per fortuna al Senato è stato ridimensionato. Mi riferisco alla possibilità di acquistare armamenti da parte del ministero della Difesa: inizialmente si pensava a un parere solo consultivo delle commissioni parlamentari, ora – e di questo ringrazio i miei colleghi senatori che ci hanno lavorato – si dà la possibilità al Parlamento di bloccare un programma d’acquisto deciso dal governo, se questo programma non convince. Finalmente arriva un po’ di trasparenza, anche se la maggioranza richiesta è qualificata e anche se – come ho cercato di argomentare finora – mi sarebbe piaciuto che questo criterio valesse per tutto il contenuto del provvedimento, per tutta la revisione dello strumento militare.
L’ultimo punto di grande preoccupazione, da parte mia, riguarda la tempistica. Non voglio sminuire il ruolo del governo – anche se ha una data di scadenza prossima, è un governo nella pienezza dei poteri – ma mi pare una leggerezza la previsione del “silenzio-assenso”: il fatto, cioè, che prima il ministro uscente scriva da solo i decreti attuativi, e poi – nel momento in cui le Camere si sciolgono – questi attuativi entrino in vigore perché il Parlamento è stato zitto. So che il ministro si è impegnato ad accogliere un ordine del giorno del Partito democratico che lo impegna a non avvalersi di questo silenzio-assenso, ma un ordine del giorno – come sappiamo – è cosa diversa da un testo di legge. E in ogni caso, per quanto mi riguarda, rimane un motivo di opportunità: con un governo e una legislatura ormai agli sgoccioli, con una maggioranza – e dunque, mi auguro, anche una linea politica – che è in procinto di cambiare, noi mettiamo mano oggi allo strumento militare, rischiando poi di dover ricominciare da capo tra qualche mese. Ha senso tutto questo, in un momento così difficile per l’Italia? Secondo me no, signor presidente e signor ministro, e per questo motivo – pur riconoscendo al mio partito un ruolo importante nel miglioramento del testo – sto pensando seriamente di non votare questo provvedimento.

On. Andrea Sarubbi 

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