La Storia non Raccontata – Il grande Caffè e Draghi, il cattivo allievo

Mercoledì,  Ottobre 16th/ 2013

– di Maria Bianchi –

Prelievo forzoso, Unione Europea, Salvatore Tamburro, Usurocrazia bancaria, Fiscal Compact, Aldo Moro, Enrico Mattei, Federico Caffè, Keynes, austerity, Fondo Monetario Internazionale, Mario Draghi, sicari dell'economia globale, Churchill, Hanry Kissinger, Bildenberg, Goldman Sachs, Trilateral Commission, Brigate Rosse 

 

La Storia non Raccontata – Il grande Caffè

e Draghi, il cattivo allievo

Ingannati da una vita – Ecco perchè siamo così ignoranti.

Seconda Parte – da Federico Caffè ad Aldo Moro.

Mario Draghi: il cattivo allievo del buon maestro Caffè

Video shock in allegato – La sinistra italiana e l'ombra

"rossa" dei servizi segreti USA. Kissinger insegna!

 

di Maria Bianchi

Federico Caffè

 La Storia non raccontata – Da Federico Caffè a Moro…                                                                                                 

Bruxelles, Roma – Stiamo assistendo impotenti all'ennesima iniquità targata UE. Mi riferisco alla proposta arrivata ieri dall'FMI di operare un prelievo forzoso sui conti correnti dell'Eurozona (addirittura del 10%). La notizia certamente non coglie di sorpresa chi ha avuto modo di informarsi correttamente, tuttavia credo che non ci renderemo conto mai abbastanza di quello che c'è in serbo per noi: la peggiore delle dittature di tutta la storia umana. L'immagine che mi viene in mente pensando a questa Euro-trappola è di un cappio che lentamente si va stringendo sempre più intorno al collo del giustiziato. Ci stiamo avvicinando sempre più ad un regime di strozzinaggio legalizzato, usurocratico, totale. Mentre un tempo hanno piegato i popoli accecandoli con faziose, perniciose ideologie, adesso lo stanno facendo con la finanza e con le solite, immancabili, ideologie. Ovviamente! Cosa, quest'ultima, che impedisce all'uomo medio italiano di aprire gli occhi e di smetterla di votare per chi non difende sul serio la nostra sovranità – nazionale in generale; monetaria in particolare – travestendo il tutto da operazioni economico-finanziarie giustificate da uno pseudo stato di necessità (ugualmente creato ad arte). 

  L'Italia sana ha il volto di questi eroi                                                                                                                                    

Come capire, allora, come e perché siamo arrivati fino a questo punto? Dicevano gli antichi che le gesta dei grandi condottieri andavano custodite mediante la scrittura perché costituissero degli exempla: essi erano consapevoli del fatto che si deve sempre imparare dalla storia. D'altro canto un popolo senza coscienza del proprio passato è un popolo senza radici: quindi senza passato e senza futuro. Ne sono ben consapevoli i fautori dell'agenda sion-mondialista, il governo ombra che tiene davvero le redini del nostro Paese e di quasi l'intero mondo. Ma a ben vedere c'è un capitolo della storia italiana, forse il più nero, che è la chiave per capire la situazione attuale; un tempo proprio per questo mai approfondito seriamente da chi di dovere. Grazie a queste gravissime omissioni storiche siamo divenuti le vittime sacrificali di un vero e proprio sacco d'Italia, nel quale i banchieri e le masso-mafie unite sono i nuovi lanzichenecchi della situazione. L'italiano medio, in virtù di ciò disconosce completamente gli insegnamenti degli anni d'oro nei quali abbiamo avuto al governo e nelle istituzioni uomini del calibro di Aldo Moro e Giorgio La Pira; economisti valenti e liberi come Federico Caffè ed imprenditori coraggiosi come Enrico Mattei. Gli anni in cui oscuri poteri manovrati dall'Impero "rosso-nero" Sion-Anglo-Americano hanno decretato la fine della sovranità italiana. Churchill stesso ebbe a dire che «l’unica cosa che mancherà all'Italia è una totale libertà politica». Fotografia migliore della situazione attuale non poteva esserci!

 Caffè e il modello macroeconomico keynesiano                                                                                                               

Un personaggio certamente poco noto e che merita un approfondimento è, in tal senso, Federico Caffè: uno dei principali diffusori della dottrina keynesiana. Keynes era l'economista che già 70 anni fa sosteneva che tagliare la spesa pubblica significa bloccare gli investimenti ed i consumi, generando disoccupazione. E' quello che hanno fatto in questi anni i tecnocrati di Bruxelles e continuano a fare con le folli politiche di austerity. Al centro delle riflessioni economiche di Caffè ci fu sempre la necessità di assicurare elevati livelli di occupazione e di protezione sociale, soprattutto per i ceti più deboli (cfr.: Giuseppe Amari, "Federico Caffè: un economista per il nostro tempo", Roma, Ediesse, 2009). Oltre ai suoi scritti accademici Federico Caffè fu un attento commentatore dell'attualità economica su giornali e riviste, collaborò assiduamente con "Il Messaggero" e "Il Manifesto". Gli articoli per Il Messaggero, dovuti alla richiesta di collaborazione avanzata da Aldo Maffey, e l'Ora, sono anch'essi stati raccolti in un volume (Contro gli incappucciati della finanza. Tutti gli scritti: Il Messaggero 1974-1986, L'Ora, 1983-1987, a cura di Giuseppe Amari, Castelvecchi, Roma, 2013). La concezione di un’economia democratica è riassunta nelle righe di apertura della sua ultima raccolta di scritti (In difesa del Welfare State, 1986). A più riprese Caffè affermò la necessità di arrivare a una separazione fra gestione dell’intermediazione finanziaria – affidata ai poteri pubblici – e attività produttiva: lasciata al mercato garantendo, però, condizioni effettivamente concorrenziali. Per queste ragioni, Caffè fu senza esitazione a favore di una concezione della politica economica che avesse potuto esaltare il momento discrezionale rispetto agli automatismi predicati dall’indirizzo monetarista neoliberista (cfr. Politica economica, cit., 2° vol., Problemi economici interni, 19712; Appunti sull’economia contemporanea: il ritorno agli studi sulle crisi finanziarie, «Moneta e credito», 1979, 128, pp. 445).

 Contro il neoliberismo nascente e la tecnocrazia                                                                                                             

 La sua preoccupazione per gli effetti negativi di un mercato che funziona da sé, ma senza regole eque, emerse anche nei suoi commenti sul ruolo del Fondo Monetario Internazionale (L.M. Milone, in Attualità del pensiero di Federico Caffè nella crisi odierna, 2010). Sostenitore di una concezione della cooperazione economica internazionale come collaborazione fra membri sostanzialmente paritari, Caffè lamentava il fatto che venissero adottati due pesi e due misure. Mi spiego: ai Paesi industrialmente più forti, come la Germania, veniva consentito di mantenere le proprie monete sottovalutate, e anche di attirare capitali grazie agli alti tassi di interesse reali, esportando perciò la deflazione (cfr. La problematica degli elevati tassi d’interesse reali, «Politica ed economia», 1983, 2, pp. 49 e segg.), mentre ai Paesi tradizionalmente debitori, come quelli del Terzo mondo, venivano imposte politiche restrittive e deflazioniste al proprio interno (coloniali). Secondo l'economista la rinuncia alla sovranità monetaria fu un danno immane in quanto finì per aggravare il divario fra Paesi ricchi e Paesi poveri. Dalla trattazione che Caffè sviluppa sul fenomeno dei movimenti «anormali» di capitali risulta tutta la sua diffidenza verso formule semplicistiche che affidino ad autorità sovranazionali di estrazione tecnocratica e non democratica l’esclusiva di siffatti controlli (cfr. Vecchi e nuovi trasferimenti anormali dei capitali, in Studi in onore di Marco Fanno, a cura di T. Bagiotti, 1° vol., Ricerche di metodologia e di teoria economica, 1966, in partic. pp. 36-41). 

  Caffè e le "Crisi Finanziarie"                                                                                  

Le crisi finanziarie non dovevano più essere considerate, come al tempo degli economisti precedenti il 1929, positivi momenti di «selezione darwiniana» (Appunti sull’economia contemporanea, cit., p. 452), ma fatti patologici da superare attraverso un’effettiva collaborazione internazionale.  Nel 1982 egli elenca una specie di decalogo di orientamenti e misure di politica economica, comprendente: 1) l’attenzione per gli aspetti reali dell’economia rispetto a quelli finanziari; 2) la sospensione delle dissipazioni delle riserve valutarie per sostenere la parità della moneta; 3) il ripristino del «deposito previo» sulle importazioni (già introdotto nel 1976), per impedire le scorte speculative di prodotti importati; 4) lo stimolo alle produzioni agricole sostitutive delle importazioni; 5) l’impulso pubblico all’attività edilizia; 6) un’indagine sulle istituzioni creditizie, come preliminare a qualsiasi progetto di riprivatizzazione delle stesse; 7) l’utilizzazione delle forze giovanili nel quadro di un programma in cui lo Stato sia «occupatore di ultima istanza». Infine, due non interventi: 8) non aumentare tariffe e prezzi politici; 9) non toccare la scala mobile (Primo, secondo, terzo, quarto…, «L’Espresso», 28 novembre 1982, ora in "La solitudine del riformista", cit., pp. 241-43).

 Contro la speculazione finanziaria: una voce fuori dal coro                                                                                         

L'intervento più coraggioso di Caffè contro la nascente dittatura della finanza fu sicuramente la sua definizione della borsa, che considera "un gioco spregiudicato che opera sistematicamente a danno di categorie innumerevoli e sprovvedute di risparmiatori, in un quadro istituzionale che, di fatto, consente e legittima la ricorrente decurtazione e il pratico spossessamento dei loro peculi" (Note e letture, «Il Manifesto», 12 marzo 1982). Per decenni Caffè ha denunciò gli autori di tali violenze che già dagli anni Settanta identificò negli “incappucciati” dell’economia.

Federico Caffè

 La Retorica della mano invisibile                                                                          

Alla retorica della “mano invisibile” contrappose la tesi secondo la quale i mercati e la finanza avevano un nome e un cognome ben precisi.., e come tali andavano identificati e combattuti. Eloquenti a riguardo furono le dichiarazioni di un (buono) allievo di Federico Caffè, Bruno Amoroso: «Quello che era un sistema bancario creato, così come fu creata la moneta, per una funzione vicina ai risparmiatori e a chi deve investire – questa è l'origine delle banche, quindi banche piccole – per cui chi deposita i soldi spesso anche li presta, o li prende in prestito e così via. Da questa funzione, sia il denaro quindi la moneta, sia le banche, si sono estraniate, sono diventate dei meccanismi di guadagno, con finanziarizzazione dell'economia, … è diventato uno strumento di rapina. Per cui oggi le grandi banche nazionali stanno utilizzando quella che loro chiamano "crisi", non è crisi, è un meccanismo di manipolazione e di esproprio di risparmio di milioni di persone». 

 La Tesi dello studente Mario Draghi – Euro: missione fallimentare        

Caffè dagli anni Ottanta iniziò a criticare la sinistra (dalla quale rimase deluso perché non aveva nessuna intenzione riformatrice in favore dell'economia reale) e la finanza, ed il loro strettissimo connubbio con i poteri forti. Tra questi spiccò di certo Ignazio Visco ma soprattutto Mario Draghi. Nella sua tesi sull’Euro, scritta sotto la guida di Federico Caffè, Mario Draghi dimostrò come l’Euro fosse una missione impossibile, quindi sbagliata. Poi il soggiorno di studio negli Stati Uniti – dal quale Caffè cercò invano di farlo desistere invitandolo a rientrare in Italia per occuparsi di “cose serie” – gli cambiò le idee… il resto è oggi sotto gli occhi di tutti!

 Reclutato dai sicari dell'economia globale                                                         

Draghi, in seguito all'esperienza statunitense, fu reclutato tra i “sicari dell’economia globale” e da allora la sua carriera fu fulminea: Banca Mondiale; Direzione italiana del Tesoro (per privatizzare le banche italiane – con la sapiente consulenza della Goldman Sachs (vedi allegato), della Lehman Brothers e dell’Ubs); direzione europea della Goldman Sachs e Banca d’Italia… Fino ad approdare alla direzione della Banca Centrale Europea. Draghi passò dunque dal ruolo – invocato da Federico Caffè – di “consigliere dei cittadini” a quello – vituperato – di “consigliere del principe”.

 Il Club System                                                                                                              

Questa involuzione vale ancor di più oggi, in un'era nella quale non ci sono i soli “principi” ma assistiamo sempre più all'imposizione della sovrastruttura dei Clubs (Bilderberg, Goldman Sachs, Trilaterale, Club of Rome, ecc.) supportati fedelmente dalle nostre massonerie locali e dalle famose “P”. Certo è davvero paradossale vedere come quotidiani vicini alle caste – come “Corriere della Sera” e “La Repubblica” – riscoprano oggi che Caffè era un valente economista… Essi, tuttavia, dimenticano di ricordare che dagli anni Settanta – quando cioè l'economista iniziò a criticare le lobby finanziarie e l’ignoranza (?) e malafede della sinistra italiana – i suoi libri vennero praticamente ignorati dal sistema, e pubblicati solo da piccole case editrici, spesso cattoliche. Nell’epoca dei governi tecnici (dagli anni Novanta in poi) il suo nome, insieme a quello degli altri “innominabili” del mondo accademico (Augusto Graziani e Paolo Sylos Labini) non fu mai fatto. Ma quelli – come detto – furono anche gli anni in cui i suoi “cattivi allievi” iniziarono la loro iniqua scalata sociale nei palazzi del potere.

 Caffè, Moro, Auriti – Una razza a parte… Un Modello da seguire                                                                            

Come tutti i grandi uomini che hanno avuto il coraggio di non compromettersi e andare contro questo sistema (al pari di Aldo Moro) Federico Caffè pagò a caro prezzo le sue scelte: non fu mai riconosciuto nei suoi meriti – come accadde allo stesso Giacinto Auriti ed alla sua battaglia aperta contro l'usurocrazia bancaria e sistemica – anzi, fu apertamente emarginato per essersi schierato contro gli inganni del capitalismo borsistico. Ebbe infatti ad affermare a riguardo: "lo Stato ha il dovere di informare il pubblico sul carattere ingannevole e fraudolento del mercato borsistico, sulla illusorietà di certe promesse di facili guadagni". Caffè scomparve nel nulla in circostanze mai accertate, in seguito all'uccisione di un suo amico e collega Ezio Tarantelli (autore anche di  "L'utopia dei deboli è la paura dei forti: saggi, relazioni e altri scritti accademici", FrancoAngeli, Milano, 1988) per mano delle Brigate Rosse (che in realtà sono state una copertura dei servizi segreti americani – vedi video in allegato su Aldo Moro e la telefonata di Henry Kissinger: ancor oggi tra i membri più influenti della Trilateral e del Club Bilderberg). L'economista fu dichiarato ufficialmente morto dal Tribunale di Roma nel 1998 dopo anni di inutili ricerche, ma la sua eredità è ad oggi incommensurabile…. come il suo inconfondibile "aroma". D'altronde vale sempre il detto: "l'Italia ha un buon Caffè".

Maria Bianchi (Copyright © 2013 Qui Europa)

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